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01/08/2008

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CON “PAZ”… ATTIMI IRRIPETIBILI

Clicca per Ingrandire Proprio il mare, il sole, la spiaggia fanno da comune denominatore nel legame di stima e di amicizia che ha unito Andrea Pazienza a Vanni Natola (foto: Omaggio di Paz a Vanni, 1974; ndr), e che li ha visti giovani protagonisti, negli anni Settanta, di spensierate estati sotto il sole rovente di San Menaio. È un racconto misto di nostalgia e ammirazione quello che Vanni Natola ci riserva, quando ritorna con la memoria ai tempi della giovinezza; eppure nelle sue parole quel tempo appare in un certo senso assai vicino, quasi presente.
Mentre ci parla di quelle magiche estati, sul computer scorrono gli scatti di allora, incredibilmente attuali - sembrano fatti ieri - nitidi e poetici a un tempo, che davvero sembrano catturare l’anima più profonda dei loro protagonisti.

Così, guardando splendere dal monitor i volti e i paesaggi di quelle giornate, compare davanti agli occhi tutto un mondo, tutta un’atmosfera, quasi avvolta da un’aura magica: improvvisamente, si ritorna a circa trent’anni fa, quando un aspirante fotografo, per caso, fa la conoscenza del futuro grande artista, allora poco più che quindicenne. “Mio padre era proprietario dello Snack, un grande snack bar appunto, dove si vendeva un po’ di tutto. All’interno io, che già allora mi dilettavo con la macchina fotografica, avevo posizionato una grande fotografia che ritraeva Antonello Lepore, che a quel tempo lavorava nel negozio di mio padre e che era anche un bravissimo ballerino, con un pollo in mano. Un giorno Andrea entrò allo Snack, vide quella foto, volle sapere chi l’aveva scattata e così ci conoscemmo”.

Un modo insolito per conoscersi, che in sé conteneva il preludio di un rapporto intenso, che legherà i due per diversi anni, estate dopo estate. “Da allora cominciammo a frequentarci e fra di noi, pur tenendo presente la natura complessa di Andrea, rimanemmo amici per tutto il tempo in cui continuò a frequentare San Menaio, dove aveva una casa in cui trascorreva lunghi periodi di villeggiatura”.

Scorrono gli scatti, e compare Isabella Damiani, sia sola che in compagnia di Pazienza. “Isabella Damiani a quel tempo era legata ad Andrea. La famiglia di Isabella, che aveva anche origini napoletane, aveva estese proprietà sul Gargano fra cui il campeggio di Catenella. In estate si stava tutti insieme, comprese le altre due sorelle di Isabella. Andrea era amico dell’intera famiglia Damiani, soprattutto del fratello di Isabella, Luigi, che attualmente è il sindaco di Vico del Gargano e al quale si è ispirato per il personaggio di Pentothal”.

Compaiono ambienti familiari, intimi. I ricordi di Vanni Natola diventano sempre più nitidi e affiora, nelle parole, la certezza di aver vissuto attimi irripetibili. “Ero consapevole di vivere un momento storico, di essere a contatto con una figura assolutamente straordinaria: Andrea lo era già allora. Si divertiva a prendere spunto dalle mie foto per creare alcuni disegni. Esiste anche un quadro che mi dedicò e che ora possiede un collezionista di Pescara. Posso dire che Andrea viveva una specie di innamoramento per me, anche se le nostre vite erano profondamente diverse: io inquadrato, lui uno spirito libero; spesso spariva da San Menaio per andarsene in giro in lungo e in largo per il Gargano, trovando ospitalità un po’ ovunque”.

Le è mai capitato di condividere con Pazienza quella passione per la fotografia che, successivamente, sarebbe diventata la sua professione?

“A quel tempo iniziavo a usare la macchina fotografica e a fare di questa passione una professione. Fotografavo anche matrimoni, dunque, e in qualche occasione portai con me Andrea per girare i filmini agli sposi. Ricordo una volta in cui dovevamo fotografare un matrimonio in un noto ristorante foggiano, quando lui si dilungò per attimi interminabili a riprendere un cespuglio in giardino. Non so che cosa darei per recuperare quei filmini: chissà, se i fortunati sposi leggessero queste righe potrebbero farsi vivi”.

Intanto nelle foto del tempo andato Andrea campeggia nella sua luminosa bellezza sulla spiaggia, cavalcando una moto. Inquadrature bellissime che catturano con immutato magnetismo la personalità di Pazienza e che, come ammette lo stesso Vanni Natola, restituiscono intatta l’anima di quel ragazzo tanto grande quanto fragile.

“Era una vera esplosione di energia. Mi divertivo a guardarlo disegnare. Certe volte io gli facevo semplici scarabocchi su un foglio e lui creava all’istante disegni fantastici partendo da un punto qualsiasi di quei segni. Era davvero instancabile, già allora allestiva mostre per farsi conoscere. La sua era una vera necessità, un’ansia di disegnare, di esprimersi e anche la sua famiglia viveva in sua adorazione”.


 Viveur (N. 28 – 11 luglio)

 

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