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05/07/2016

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POESIA x (e di) TUTTI: CHI È DI SCENA? Gigi Sassu

Clicca per Ingrandire E oggi la parola - meglio: il verso - passa alla Sardegna con Gigi Sassu che ci scrive dal Piemonte e offre il suo ‘prodotto’ ai lettori di Punto di Stella.


BRULLA TERRA MIA


Brulla terra mia
di patriarchi nuraghi.
Riarsi sentieri
e tasche dragate
da ricchi nababbi
che pensano a sé.

Velli di lana
a coprire membra smarrite
e coscienze pulite
da ere isolate.

Fichi d’India e lentischi
mirto e ginestre
in processione di filari
compagni di silenzi
antichi… assordanti … scheggiati.

Piatte esistenze,
riscatti penosi
di cupa rivalsa.
Fenicotteri rosa
in plaghe tranquille
acquietano cuori
di scorze d’acciaio.

Barbagia mia
ti amo e ti odio
ti odio e ti amo
ti lascio e ti cerco
ritorno e riparto
con animo intonso.



IL COMMENTO DI VINCENZO CAMPOBASSO = Per un momento ho pensato: “Non è che Gigi Sassu è un alias di Aligi Sassu che, da pittore, ha preso a scrivere (o aveva già scritto, contemporaneamente) poesie?” Poi, leggendo le brevi note autobiografiche, la risposta: quarantasei anni. Gigi Sassu, non poteva essere un ‘alias’. E’ un giovane (rispetto a me, ovviamente) che, comunque, è un naïf, uno che non ha vanti accademici, uno, insomma, che si è fatto da sé. “Quanto so - scrive - lo devo al mio straripante desiderio di conoscenza”. Una conoscenza che è, innanzitutto, conoscenza della sua ‘brulla terra’, la Sardegna, la Barbagia in particolare, lasciata per cercare fortuna altrove: nel suo caso, il ‘ricco Piemonte’, dove ha formato famiglia.

Puntiglioso nella descrizione dell’isola ‘più bella’, sia relativamente alla sua topografia (‘brulla terra’, ‘riarsi sentieri’, ‘plaghe tranquille’), sia in relazione alla gente che la popola (‘ricchi nababbi’ che, però - ma non è fenomeno specifico della Sardegna, - dragano le tasche dei poveri lavoratori e dei pastori, dalle ‘piatte esistenze’), sia, anche e soprattutto, dei colori, talora nominati talora lasciati immaginare (‘fichi d’India e lentischi / mirto e ginestre’).

Brevi i versi liberi a formare altrettanto libere strofe, susseguentisi come veloci automezzi di una sinuosa carovana diretta alla finale mèta, dove il poeta dà libero sfogo ai propri sentimenti. “… ti amo e ti odio / ti odio e ti amo…” dice catullianamente alla sua Barbagia, che lascia per cercare, come visto, fortuna altrove, e brama, e pertanto torna per ripartire, con un movimento quasi ritmato di fisarmonica, di cui non possiamo non avvertire le note, più tristi che allegre (a me pare), ma che l’autore ripete sempre “con animo intonso”, con la tristezza e la gioia di un fanciullino.



 Redazione (foto travelquotidiano.com)

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 10/07/2016 -- 11:11:23 -- vincenzo

NOTO, con piacere, che quest'angolo di POESIA x (e di) TUTTI ha molti lettori; ma - e non si tratta di egoismo, le poesie non sono mie! - non mi capita di leggere commenti. Possibile che, tra tanti lettori, non ci sia uno che commenti? Forza, lettori, dite la vostra! Le interpretazioni sono soggettive, così come i gusti!

 
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