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20/01/2016

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NOTRIV, CERTO. MA CHI SONO I TRIVELLATORI?

Clicca per Ingrandire Ce lo dice Maria Rita D’Orsogna, docente di Biomatematica all’Università di California a Los Angeles. Vicina all’Italia e ai suoi problemi legati alle risorse economico-ambientali, tenta con tenacia di aprire gli occhi a chi li tiene o vuole tenerli chiusi (leggi SCHEDA in calce). Nell’occasione ci rivela vita, morte (è proprio il caso di dirlo) e miracoli della società mineraria irlandese che ultimamente ha avuto l’autorizzazione a sondare il fondale dell’Adriatico vicino al mare delle isole Tremiti, sollevando - e non è la prima volta - le popolazioni di nove regioni italiane. Ne abbiamo già parlato su questo giornale in tante circostanze e di recente ai link: puntodistella.it/news.asp?id=7155, puntodistella.it/news.asp?id=7154, puntodistella.it/news.asp?id=7150. Di seguito il testo della sua mail, con l’invito finale ai nostri governanti.


La Petroceltic di Dublino, la ditta a cui il nostro governo ha deciso di affidare i mari attorno alle isole Tremiti con la concessione BR 274 EL, è sull’orlo del fallimento, assolutamente piegata in due da debiti, azionisti senza scrupoli, accuse di frode e corruzione, crollo dei prezzi del petrolio. Oltre alle Tremiti, la Petroceltic è titolare della BR 272 EL, al largo di Pescara dove le operazioni di airgun sono state approvate nel 2013. A Londra le loro azioni sono oggi arrivate a 9.6 pence (0,012 euro; ndr) di valore, da un massimo di 446 nel 2009. La situazione, come scrivono vari siti internazionali, è disperata dopo che il 23 dicembre scorso, il giorno dopo la firma del decreto che autorizzava l’airgun alle Tremiti, la Petroceltic si è messa in vendita, sommersa dai debiti.

I petrolieri d’Irlanda avevano preso 217 milioni di dollari a prestito dalla banca britannica HSBC (HongKong and Shanghai Banking Corporation) e non erano stati capaci di rispettare i termini imposti. Non sanno ora dove trovare la liquidità per fare fronte ai pagamenti. Si stima che la disponibilità di capitale finirà entro la fine di questo gennaio. Le azioni sono crollate di oltre il 90 percento in un solo anno. Le banche che si occupano della messa in vendita della Petroceltic sono la Bank of America Merrill Lynch e la Davy Corporate Finance. Stanno vagliando tutte le opzioni: vendita in toto delle varie concessioni al miglior offerente, fusione con altre ditte o anche infusione di capitale con altri debiti e offerte pubbliche. Fra i potenziali acquirenti la Emirates National Oil Company che però si è tirata indietro.

Ma le cose non vanno molto bene: oltre ai debiti, le accuse di corruzione e frode. Il principale investitore della Petroceltic si chiama Worldview Capital Management, una ditta di hedge funds che ne detiene il 29 percento di azioni. Già a febbraio 2015 l’indebitata Petroceltic decise di vendere obbligazioni per 175 milioni di dollari usando come collaterale Ain Tsila, un campo di gas in Algeria. La Worldview si oppose: questo passo avrebbe lasciato gli azionisti con guadagni irrisori. Si scatenò il polverone fra gli azionisti, la Petroceltic rinunciò alla vendita di obbligazioni. Le azioni, già basse, crollarono ancora. La Worldview denunciò la Petroceltic in tribunali d’Irlanda e Inghilterra per errori nelle revisoni interne. Le cause sono ancora aperte. Il 20 agosto 2015 la Worldview accusa la Petroceltic di frode e corruzione con la creazione di schemi per defraudare la compagnia dall’interno, con fatture gonfiate in Algeria.

Il 17 settembre 2015 la Worldview accusa ancora la Petroceltic di altre irregolarità in Bulgaria: dirigenti di medio livello avrebbero creato anche qui canali per il trasferimento illegale di fondi della compagnia in mano di terzi, tramite sussidiarie egiziane, bulgare e lussembughesi. E poi il 23 dicembre 2015 finiscono i soldi e si mettono in vendita. Ecco, questa è la Petroceltic d’Irlanda in questo momento. A chi finiranno le Tremiti e Turchese? Perché le abbiamo affidato il nostro Adriatico senza neanche indagare che fondi avessero, o chi fossero? Lo sapevano al Ministero che il giorno dopo l’approvazione dell'airgun alle Tremiti la Petroceltic si sarebbe messa in vendita?

Caro Matteo Renzi, cara Federica Guidi, veramente vogliamo una ditta squattrinata, guidata da gente senza scrupoli, sull’orlo del collassso, a trivellare in uno dei mari piu belli d'Italia?

Maria R. D’Orsogna*


*PhD Professor of Biomathematics University of California at Los Angeles


RIFERIMENTI
621 Charles E Young Dr S Los Angeles, CA 90024
www.csun.edu/~dorsogna
1 800 699 2703

IMMAGINI E LINK
dorsogna.blogspot.com/2016/01/petroceltic.html
dorsogna.blogspot.com/2016/01/petroceltic-tempi-disperati-in-un.html
dorsogna.blogspot.com/2013/04/approvata-anche-elsa-petroceltic.html


LA SCHEDA = Maria Rita D’Orsogna, fisico, docente universitario, attivista ambientale, dice di sé: “Sono nata e cresciuta nel Bronx e ho trascorso l’infanzia fra la tolleranza e la curiosità di New York City, e la serenità e il verde di Lanciano, in provincia di Chieti. Mi sono laureata a Padova in Fisica il 1996 e dopo aver trascorso del tempo a Milano, Parigi, Chicago e Washington sono approdata a Los Angeles, dove vivo stabilmente dal 1999. È una città che ancora mi sorprende e che adoro, per tutta la sua ricchezza umana e culturale, e non solo per il sole splendente della California.

“Il 2007 venni a sapere che l’Eni intendeva trasformare i vigneti di Ortona, lungo la costa teatina, in un campo di petrolio con annessa raffineria. Non so cosa sia scattato dentro di me ma, sebbene lontana, non potevo accettare che l’Eni portasse via un angolo d’Abruzzo e cosi, in un misto di amore italiano e di razionalità americana, ho dato tutto quello che avevo per salvare la contrada Feudo dalle grinfie dei petrolieri. Grazie a una mobilitazione popolare senza precedenti in Abruzzo, ci siamo riusciti: l’Eni il 2010 ha abbandonato quello che aveva sbandierato ai suoi investitori come il suo progetto più ambizioso in Italia. Da allora non ho smesso mai.

“Ci sono concessioni petrolifere da Vercelli fino a Pantelleria, tutte in piccoli paradisi naturali. Cerco di usare tutto quello che il web offre per informare il cittadino comune, per rompere le scatole e ricordare a petrolieri e politici che l’Italia non è l’Arabia Saudita. Vengo in Italia frequentemente per conferenze e sfatare i miti di Assomineraria e compari. Spesso mi dicono di essere ‘la pasionaria del petrolio’, invece il mio è soltanto un profondo senso di giustizia sociale e del dovere, sentimento stancante ma da cui non ci si può sottrarre.”




 Redazione

 

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