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16/12/2015

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QUALCOSA MIGLIORE DELLA POLITICA? MA LA MUSICA, OVVIAMENTE

Clicca per Ingrandire La cultura contadina garganica paragona la politica alla vecchia caldaia cosparsa di fuliggine ancora sul fuoco: chiunque si avvicini si riempie il pancino, togliendo il contenuto a poco a poco, e si sporca sicuramente. Ecco perché preferisce la musica, soprattutto quella degli Anni Sessanta. La politica è come la matematica, calcolata e senza opinioni: invertendo l’ordine dei candidati le fregature non cambiano le situazioni. Gli onesti sempre più poveri e soli, i furbi che approfittano di loro. La musica della politica è fatta di menzogne, forse è meglio ascoltare quella dei sogni. Ecco allora che sovente mi ritorna in mente quella degli Anni Sessanta, le cui note semplici, facili e nostrane si sono affermate fino in lontane terre, facendo dimenticare guai e povertà, e riempivano le case di felicità e allegria.

Non avevamo ancora l’età per amare e già volavamo nel cielo infinito. Il vecchio juke-box, in ogni osteria, diffondeva armonia e in fretta si faceva la “colletta del gettone” per ascoltare tre canzoni. Noi, nullatenenti, viaggiavamo liberi con la mente. Con la fantasia abbiamo visitato il Continente nero dove “i Vatussi, altissimi negri, ballavano l’hully-gully”. Con la pancia vuota abbiamo visitato la Francia, “a Saint Tropez, ballando il twist vestiti in lamé”. Abbiamo praticato la pesca subacquea nelle località più belle “col fucile, le pinne e gli occhiali, dove il mare era una tavola blu”. Senza accedere al mutuo, avevamo il cielo in una stanza e “la stanza era senza pareti, con alberi infiniti”.

Per farci perdonare qualche scappatella si diceva alla compagna, stretta su una mattonella, “cuore, tu stai soffrendo, cosa posso fare per te, io sono innamorato, senza te più pace non c’é” … “senza te che farei, senza te morirei”. Dal lento si passava al rock con movimenti ricchi di frenesia senza conoscere i dolori della sciatalgia e si scambiavano “semplici baci dove uno solo ne valeva almeno tre”. Si ammirava lo sguardo femminile con “una strana espressione negli occhi”. Il compagno era comprensivo con la propria compagna e invitava gli amici a farla ridere spiegando il perché: “… ha pianto troppo insieme a me”. La fidanzata a sua volta era espansiva e rassicurante, e al fidanzato diceva: “… non essere geloso se con gli altri ballo il twist, non essere invidioso se con altri ballo il rock, con te, con te che sei la mia passione, io ballo il ballo del mattone”.

La sera era festa grande, di bella musica ce n’era tanta, si ballava fino al cantare del gallo, sprigionando tutti insieme allegria ed euforica libertà. “La libertà non era sopra l’albero, non era neanche il volo di un moscone; la libertà era lo spazio libero, la libertà era partecipazione”. Quindi, partecipiamo, e aiutiamo i nostri ‘musici’ garganici, cantori e organizzatori di manifestazioni folkloristiche, a divulgare le note di casa nostra. Le note aiutano a stare meglio, a sognare, a non pensare a momenti difficili. Attraverso le note sono avvenute le contestazioni, si è sprigionato il “va pensiero” dei patrioti soffocati dalla tirannia. Le note della taranta hanno scatenato le donne pugliesi a ribellarsi al duro lavoro cui i padri-padrone le sottoponevano nel quotidiano.

E’ doveroso tutelare l’entusiasmo di tanti giovani e concedere lo spazio necessario per realizzare le loro invenzioni, i loro progetti, affinché creino un pezzo di storia e portino il gusto dei sapori della nostra terra. Inventare altre note esaltanti come quelle che sono volate per terre lontane dipingendo le mani e la faccia di blu, e hanno ridato virtù e orgoglio ai nostri Emigranti. Sosteniamo i promotori dei Gal e che la musica di gruppo sia sempre… l’hully-gully.

Antonio Monte

 Redazione

 

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