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01/12/2014

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CONOSCERE LA PROPRIA STORIA E RICORDARLA

Clicca per Ingrandire E’ segno distintivo di una Comunità conoscere la propria storia e ricordarla nelle persone che, nel volgere degli anni, l’hanno costruita, per affidarne la memoria ai posteri. Una Comunità cresce socialmente, culturalmente e solidalmente solo quando i suoi membri sanno coltivare queste virtù, dedicandosi con le loro energie intellettuali e fisiche, ma anche profondendo le proprie sostanze, per rafforzare i vincoli che la rendono coesa. Il nostro è stato ed è un territorio che ha chiesto e chiede dedizione, impegno e competenza. Dedicare un luogo, a ricordo della dott.ssa Troiso era un dovere che dovevamo compiere e oggi compiamo. Sono ancora di più contento di aver scelto questo piazzale, davanti all’ingresso principale del nostro ospedale civile, in perfetta sintonia con l’opera e la missione che l’hanno vista impegnata per tutta la vita.

Fin dall’inizio del mio mandato di sindaco mi sono ripromesso di dare una svolta nella scelta dei nomi per le nuove vie. Mia intenzione era di cambiare registro, smettendola di intitolare strade o piazze a personaggi, già ricordati in mille strade e piazze d’Italia, preferendo invece attingere al lungo elenco di nostri concittadini che hanno onorato nei modi più diversi la nostra città, senza dimenticare la presenza femminile che, in particolare nel secolo scorso, ha cominciato ad affacciarsi e distinguersi nella vita sociale e civile di Manfredonia, relegata prima alle funzioni ritenute proprie ed esclusive della donna. Oggi offriamo un’altra testimonianza di questa volontà, che vede coincidere nella dott.ssa Troiso una molteplicità di aspetti: donna, sposa, mamma. Anche medico, pediatra in un periodo storico in cui questa professione, almeno nella nostra città, era appannaggio dei maschi.

Credo che sarebbe difficile trovare altre donne laureate in medicina o che abbiano tentato di farlo in quegli anni. La dott.ssa Troiso si impegnò ad aiutare i più deboli e difenderne i diritti. Fu una vera pioniera della neuropsichiatria infantile. Il bene che ella ha fatto è testimoniato dai tanti che l’hanno conosciuta, frequentata e stimata, e hanno apprezzato la sua persona, eccezionale per la preparazione medica, la dedizione e il bene che ha fatto a tanti bambini, e con essi ai loro genitori, che hanno con loro condiviso la grande sofferenza fisica e spirituale per non aver avuto dalla natura i doni che essa generalmente concede a tutti. Amaro era, fino ad allora, il destino di coloro che per le loro disabilità erano costretti a vivere rinchiusi fra le mura della propria casa, emarginati socialmente, guardati con pregiudizi antichi di concezioni superstiziose.

Avvertì, durante la sua attività professionale, forte il bisogno di alleviare le sofferenze dei bambini disabili e migliorarne la qualità della vita. La realizzazione nel 1969 del Centro di rieducazione motoria infantile mons. Andrea Cesarano fu il risultato concreto della sua nobile aspirazione e contribuì a colmare il vuoto terapeutico esistente nelle patologie psiconeurologiche assicurando interventi di recupero non solo ai bambini di Manfredonia, ma anche a quelli dei Comuni della Provincia, facendone un centro-pilota, unanimemente apprezzato. Furono istituite sezioni speciali di scuola materna ed elementare pubblica. Nacque poi il Corso di fisiopatologia neurologica per gli insegnanti, unico del genere nella Regione. Istituì un importante servizio di collaborazione con l’ufficiale sanitario per il ‘depistage’ dei bambini nati a rischio.

Grazie al suo prezioso contributo con l’ampliamento del Centro Cesarano si attivò per la costruzione di una piscina coperta per idroterapia. Con l’entrata in vigore della legge 517/77 promosse il primo tentativo di inserimento dei diversamente abili nelle classi normali della scuola pubblica. Organizzò convegni, corsi di aggiornamento, stage su tutto il territorio con la partecipazione di illustri relatori italiani e stranieri, ideatori di tecniche abilitative ancora oggi valide. Divenne lei stessa relatrice in molti convegni con contributi di grande spessore culturale strettamente legato all’esperienza quotidiana sul campo. Non fu mai solo dottoressa: la sua scienza ha sempre viaggiato in totale sintonia con la sua umanità e la sua generosità. Ha ritenuto suo dovere essere al servizio dell’uomo sofferente e delle famiglie, in particolare quelle più bisognose.

Non credo sia necessario in questa occasione elencare i tanti meriti della dottoressa Troiso. La stima, che l’ha circondata e l’accompagna ancora oggi, è testimoniata dalla mamma di un disabile, che l’ha voluta ricordare con queste significative parole: “La nostra dottoressa, fu donna straordinaria, di affermata competenza professionale, dono per tutti noi, un medico dal volto umano, il cui rapporto con i bambini e con i genitori era di attenzione fortemente sentita, di rispetto, di partecipazione affettiva, mai solo tecnico. Ai disabili ha dato tanto”. A questo si aggiunge il numero davvero notevole di cittadini (più di duemila) che hanno sottoscritto la petizione con la quale chiedevano di non dimenticarla. Questi sono i figli veri di cui Manfredonia va fiera. Questi sono i testimoni della Manfredonia che vogliamo: capaci, intelligenti, amanti del proprio lavoro, generosi nei confronti dei deboli, protagonisti della nostra storia culturale e civile.

Grazie a te, Chiara! Grazie a te, Tarcisio, che hai trascorso con lei tanta parte della tua vita, condividendone gli affetti, le passioni, i progetti e le ansie, le gioie e i dolori. Il suo ricordo ti accompagna ogni giorno con nel cuore il rimpianto di non averla più compagna vigile e premurosa del tuo vivere. Voi figli, fortunati per aver avuto una madre indimenticabile per quello che ha fatto per voi. Noi tutti grati e riconoscenti per il bene che ha fatto, in particolare alla parte più debole della nostra città, che proprio per questo ci è più cara.

Angelo Riccardi



 Ufficio Stampa e Comunicazione

 

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