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18/06/2014

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SERVE UN BAGNO DI UMILTÀ

Clicca per Ingrandire Rispolveriamo, con alcuni necessari ritocchi, un nostro stato d’animo (“Ti ‘amo’ Peschici”) - datato 27 luglio 2008, a un anno dall’Incendio, e pubblicato fra i primi articoli del neonato “Punto di Stella” - rimasto purtroppo inalterato negli anni, non solo per colpa della crisi intercorsa e non ancora domata ma soprattutto per aver noi scoperto nel frattempo, in questa piccola comunità, una quantità esorbitante di… “ombelico del mondo” svelati da fonti, più o meno insospettabili, prostituite da voglia di ‘strafare’.

Risulta pertanto agevole dedicarlo a chi, ridondante di spocchia corazzata da cartavelina, si riempia la bocca di narcisistici peana, viva coi paraocchi, la mente intasata da spirito di parte e conflitti interiori, gli armadi traboccanti di scheletri, l’anima inquieta inquinata da bassi istinti, l’arroganza dei moscerini, la grandezza del nulla, e si trinceri - pochi… alcuni… tanti… troppi - dietro il velo pietoso e peloso di moderni mezzi (dove tutti si scoprono scrittori, opinionisti, esegeti, commentatori, editorialisti, critici, recensionisti… avremmo abbreviato se avessimo sintetizzato il concetto scrivendo semplicemente ‘mediocri sputasentenze analfabeti’); mezzi dalle dinamiche pericolose e isteriche che hanno il “grande merito” di liberare la ‘bestialità’ insita nell’animo umano, dando sfogo a infime e becere meschinità e permettendo ai novelli “soloni del 2.0” di sguazzare nel ‘mare magnum’ dei miserevoli processi alle intenzioni e delle gratuite cattiverie.

Noi, tuttavia, restiamo sempre in attesa - come il cinese affacciato alla finestra sul fiume - delle “gemmazioni improvvise” (solo qualcuna in quest’ultimo periodo) cui si accenna in fine testo e dell’avvento di quella professione di umiltà - auspicata anch’essa in fine testo - che fa grande l’uomo. E chi si riterrà ‘colpito’ da quanto sta leggendo e leggerà, o già si senta tirato in ballo, è un suo problema, detto elegantemente, non certo il nostro. Espresso più volgarmente, vorrà dire che ha la coda di paglia. Di seguito l’articolo del 2008 opportunamente riveduto e corretto.


“TI ‘AMO’ PESCHICI – 2” = Peschici, il paese delle arabeggianti cupole bianche ormai enumerabili sulle dita di poche mani. Peschici, il paese di Romano Conversano e delle sue tele che fanno conoscere agli intellettuali un luogo incontaminato. Peschici, il paese che quando ti appare all’improvviso dopo la curva di Monte Pucci ti ammalia e non lo abbandoni più. Peschici, il paese che dopo secoli di isolamento conosce la prima volta il turismo come uno stupro. Peschici, il paese dei pochi uomini che superano tale violenza semigratuita e imparano a “conoscere” il turismo. Peschici, il paese delle contraddizioni: da un lato la morte lenta causata dallo scempio paesaggistico umano (abusivismo) e vegetativo (incendi), dall’altro l’abilità - stimolata solo da istinto di conservazione e sopravvivenza - di non cadere in stato comatoso.

Peschici è tutto ciò e a ‘lei’ ti leghi indissolubilmente in un rapporto ondivago di odio-amore: la PASSIONE più sfrenata per i suoi ‘mangiari’ e le sue donne, per la sua storia millenaria e i suoi misteri, la sua nicchia ecologica e i suoi ‘amori’ (che qui sta per ‘sapori intensi e afrodisiaci’), per la possanza delle sue torri costiere e l’ingegneria artigiana dei suoi trabucchi; e la RIPULSA del voler ‘apparire’ a tutti i costi a scapito del più redditizio ‘essere’, per cui le capacità si smarriscono in labirinti di niente. Il TRASPORTO più coinvolgente verso la saggezza dei suoi ‘vecchi fusti’ e il RIGETTO di politiche che confinano al margine ‘giovani virgulti’. L’INNAMORAMENTO immediato per le sue consuetudini e tradizioni, e la NEGAZIONE della inadeguatezza a perpetuarle degnamente. L’ENTUSIASMO infantile di riempirsi orecchie e bocca con vocaboli tipo ‘skazëkavazzë’ (dichiaratamente slavo, a individuare la ‘cavalletta’, innanzitutto, e di conserva le chiare origini etniche) e l’avvilente SOFFERENZA di sentirla chiamare, oggi, ‘cavallettë’.

Agli inizi della sua scoperta da parte di raffinati esteti al seguito di Conversano, fu definita “la Montecarlo del Sud”. Mai stilema fu più appropriato, in quanto a parallelismo strettamente morfogeografico, però… eggià, però! Non molto si fece per imparare a portarla a quel livello, negandone la potenziale possibilità e accontentandosi del “tutto, maledetto e subito”, atavico retaggio di secoli di fame, miseria ed emigrazione. Con l’affacciarsi e l’incedere del Terzo Millennio si poteva giustamente pensare a una svolta (anno nuovo vita nuova, millennio nuovo cambiamenti in vista) dopo alcuni decenni di ‘rodaggio’ e adattamento alla insperata condizione, ma un ‘quid’ imponderabile composto da mille parametri ha interrotto l’auspicabile processo. E adesso occorreranno almeno un paio di generazioni - agli attuali ritmi anche di più - prima di assistere all’autentico, definitivo e meritato decollo.

A sollecitarlo e promuoverlo sarà sufficiente affidarsi al suo innegabile fascino; alla magia che sprigionano le sue mura antiche se si entrerà nell’ordine d’idee di rispettarle, prima, esaltarle, poi, magnificarle, infine; all’incantesimo delle sue albe e dei suoi tramonti, entrambi godibili con lo sguardo attonito fisso sul mare, ruotando di appena 180 gradi, come trovarsi su una piccola isola; alla seduzione del magma di sentimenti che ancora albergano nei cromosomi della sua gente, solo temporaneamente smarriti ma tuttora pronti a gemmazioni improvvise quanto attese.

La propedeutica fase del tuo apprendistato è finita, Peschici. Ora ti attendono un’autentica, attiva, producente professione di umiltà (la cui assenza costituisce quel male oscuro che ti affligge) ed efficienza, essenzialità, funzionalità… Così ti ameremo di più!

Piero Giannini





 Redazione (foto Domenico Ottaviano)

 

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