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09/04/2014

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LO SVISCERATO AMORE DEI VICHESI PER I LECCI

Clicca per Ingrandire Ogni tanto bisogna pettinare e ordinare la chioma, alleggerire e ripulire la maestosa cupola di sempreverde che dall'alto dei suoi venti metri troneggia e regala ombra da 400 anni. E’ il leccio di fra Nicola, uno dei tesori naturalistici di Vico del Gargano, meta di tanti visitatori, sosta rituale delle confraternite nel tradizionale venerdì santo, posto davanti al convento dei Cappuccini. Un simbolo del paese, un monumento della natura, dipinto e fotografato come il Colosseo a Roma.

Si avvicina la potatura: un lavoro maniacale, accurato, fatto da mani esperte che solo potatori di lungo corso possono fare con meticolosa pazienza. Si tratta di un albero monumentale, ma sempre monumento, come la Pietà di Michelangelo e la Cappella Sistina. E' il nostro patriarca “Quercus ilex” della macchia mediterranea. La potatura dei lecci coinvolge e appassiona una sfera molto variegata di popolazione e non può essere affidata con leggerezza ad alcuno, tanto meno a professionisti del settore che non siano compenetrati con questo mistico e ancestrale rapporto, che affonda le sue radici nell’altro affascinante patrimonio di cultura garganica: quello dell' olivicoltura.

Lecci e ulivi sono il paesaggio prevalente e unico delle terre garganiche, quel paesaggio che tanto affascina visitatori, studiosi e intellettuali. Un mondo che andrebbe indagato specie per le sue implicazioni di cultura rurale. La potatura del leccio di fra Nicola è una vera e propria cerimonia, una straordinaria commistione di passione, abilità, pazienza. I potatori, come formiche laboriose ed esperte, salgono e scendono in uno spettacolo cui vale la pena assistere, e lavorano in condizioni da sport estremo, con movimenti che ricordano una danza antica. Quest’albero incute timore, affrontarlo è la prova suprema del potatore, la laurea si può dire.

Quest’anno ci sarà una piccola premiazione alla carriera di due maestri potatori: Michele Iacovone e Nicola Della Vella, che per diversi anni hanno affrontato la difficile prova accompagnando e iniziando diverse generazioni di giovani al contatto col maestoso albero secolare. “E’ come domare un gigante capriccioso - dichiara con una bella immagine Michele Iacovone. - E' bello trasmettere le nostre esperienze e il nostro mestiere alle nuove generazioni, attraverso la potatura di quest’albero speciale” aggiunge Nicola Della Vella.

I cenni storici raccontano di fra Nicola da Vico del Gargano, cappuccino, che avendo trovato una piccola pianta di elce, vicino a un abbeveratoio, la trapiantò al centro del piazzale del convento facendola benedire dal padre guardiano. Non si conosce la data esatta del fatto, si sa tuttavia che fra Nicola morì il 1719, in età avanzata. Si può dedurre quindi che il leccio abbia circa tre secoli di vita. Il tronco misura quasi 5,05 metri di circonferenza e la chioma ha raggiunto più volte i 50 metri. Il 1934, a causa della neve e di una forte tempesta, cadde un grosso ramo che lasciò un ampio vuoto tuttora visibile. Fu allora necessario imbrigliare i rami con grossi tiranti di ferro.

L'Amministrazione comunale, allo scopo di salvaguardare per il futuro questo esemplare unico, nell'ottobre del 1995, avvalendosi della consulenza del professor Alessandro Chiusoli dell'Università di Bologna, provvide a nuova sistemazione. Un rapporto antico quello tra Gargano e lecci. Il Promontorio ne ha una vastissima presenza, molte delle cittadine lo hanno addirittura adottato come arredo urbano. Vico, in particolare, ne ha una diffusa presenza lungo le sue strade, ma l’aspetto che più sorprende è il rapporto dei suoi cittadini con la manutenzione di queste piante.

Vico detiene una specificità nel campo della tutela e del rispetto degli alberi. L’approccio alla cura delle piante risulta essere molto singolare e degno di interesse: l’approccio estetico, il senso dell’armonia e delle proporzioni, l’attenzione al bello rappresenta una unicità che andrebbe valorizzata. Una sapienza che si è trasmessa nei secoli codificata e tramandata, una sapienza che si sta inesorabilmente perdendo nella voragine delle semplificazioni della modernità. Va rilevato in questo senso il percorso intrapreso da un gruppo di giovani agricoltori riuniti in cooperativa che da diverso tempo sta provando a sensibilizzare gli operatori culturali sul tema della “tipicità” della potatura di Vico del Gargano.

“Essere potatori a Vico - ricorda Giuseppe Aguiari, presidente della cooperativa - significava appartenere a una casta, qualcosa come essere depositari di un sapere oracolare”. L'elevato valore ecologico del leccio del convento dei Cappuccini e la sua storia secolare si accompagna al valore culturale di simboleggiare eventi storici, identità territoriali, leggende, fatti riguardanti il territorio di Vico del Gargano. Da tutto questo nasce la cura, ci verrebbe da dire l'affetto, verso il leccio patriarca di fra Nicola.

Michele Angelicchio

 Redazione

 

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