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08/02/2014

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LA FINESTRA SUL MARE

Clicca per Ingrandire Attesa. Questa parola porta i miei pensieri a Eloisa e ai suoi occhi che riflettevano il cristallino mare. Eloisa e il mare, un’unica essenza. Le pesanti trecce ebano le scendevano lungo le spalle fin sotto il seno, la veste bianca rigonfia di vento e, a pochi centimetri dai nudi piedi, un precipizio verso l’incantata natura. Che magnifico spettacolo! Il timido sole s’immergeva nel mare, fili d’angelo scivolavano lungo le maree, i gabbiani danzavano leggiadri nel cielo rosato e l’orizzonte sembrava più vicino. Una soffice brezza accarezzava la pelle dorata, si posava sulle labbra brune come un innocente bacio. E l’attesa cresceva.

Ogni giorno la giovane fanciulla si recava furtivamente nelle rovine di una casa a picco sul mare e passava le ore a prua, sulla grande finestra. Scrutava l’infinito, spesso l’ebbrezza del vuoto la tentava, ma aspettava. Sperava che una barca riportasse indietro il fratello e il padre, e attendeva il ritorno del giovane sposo dalla guerra. A prendersi cura di lei c’era nonna Gerarda che, oltre a svolgere le faccende di casa, ininterrottamente cuciva, lavorava a maglia e ricamava il corredino per il futuro pronipote (era convinta che Eloisa aspettasse un bambino): montagne di camicette, lenzuola, coperte, calzini di ogni genere e tessuto.

Gerarda attendeva la sua dolce morte e nascondeva sotto il letto i risparmi per una degna sepoltura. Infatti, di tanto in tanto veniva a farle visita il defunto marito e immaginava che prima o poi l’avrebbe portata via con lui. Tuttavia, sfruttava al meglio ciò che lei riteneva i suoi ultimi mesi di vita e pregava ore e momenti che sua nipote e la creatura che aveva in grembo non restassero da soli dopo la sua morte.

Un giorno, inaspettatamente, Eloisa iniziò a sanguinare. Gerarda chiamò immediatamente nutrice e medico di famiglia, e si scoprì che la giovane non era mai stata incinta, solo che il ciclo le era tardato di qualche settimana. La notizia non scombussolò più di tanto Eloisa, che fondamentalmente non si era mai sentita gravida, però fece sbiancare la nonna che non sapeva più cosa farsene di tutti i suoi manufatti. Calcolando che la nipote sarebbe stata ferma per un bel po’ in assenza di un marito, decise di vendere parte del corredino.

I suoi ricami, le rifinite cuciture e i tessuti impiegati fecero parlare tutto il paese. Addirittura alcune donne le commissionarono dei lavoretti. Così, nonna Gerarda si fece convincere da altre comari di aprire una bottega di ricamo e la voce si sparse anche nei paesi vicini. Iniziava ad avviarsi “l’età dell’oro” per le due donne. Da tempo la nonna non 'vedeva' più il marito, mentre i suoi ultimi mesi di vita parevano accumularsi. Anche Eloisa era abbastanza brava a cucire e ricamare e, come diversivo nella sua grande attesa, raffinò la tecnica passando il tempo in bottega. Aveva iniziato a trascurare la vecchia casa abbandonata, la finestra e il mare. Il tempo passava e non riceveva ancora nessuna notizia di Nicola, il suo sposo, e si disperava tra stoffe e lustrini nel caldo abbraccio della nonna.

All’improvviso in bottega arrivò il comunicato della morte del giovane marito. Successivamente giunsero alcune lettere di Nicola e un piccolo pacchetto contenente un medaglione ricoperto di brillantini, un gioiello di famiglia. Il povero ragazzo nelle sue pagine raccontava le disgrazie della guerra, la perdita di amici e di innocenti, gli inganni, la paura. Non sapeva più distinguere la vittima dal carnefice, non trovava più alcun motivo valido di tanta atrocità, ma aspettava… aspettava la vittoria e la pace, il giorno in cui avrebbe fatto ritorno a casa. Le scrisse di non disperarsi, nella buona e nella cattiva sorte. Finito di leggere, conservò lettere e medaglione in un cofanetto e si accovacciò a terra piangendo in silenzio.

Pregava per tutti i caduti in guerra, per tutte quelle persone morte ingiustamente, per le madri disperate, le vedove e i figli divenuti orfani. Pensava a suo marito e al loro primo incontro. Eloisa era scappata nella casa a picco sul mare dalla nonna che voleva presentarle un giovinetto amico di famiglia. Lì vi trovò Nicola che suonava la chitarra di nascosto dal padre. Furono costretti a sposarsi immediatamente prima della fine del mese. Per buona sorte i giovani parevano piacersi. All’epoca lui era maggiorenne, mentre lei aveva appena diciotto anni. Passarono mesi felici finché giunse il tempo che pian piano le portò via le persone che amava: prima i genitori, poi il fratello e alcuni anni più tardi il marito.

Nel frattempo Gerarda ricamava e pregava, e implorava il Signore affinché un bel giovane benestante s’innamorasse della nipote: era bella e troppo giovane per restare sola. Appuntava su un libricino nomi di signorotti interessanti, figli scapoli di alcuni amici e clienti e fissava appuntamenti. Aveva fatto maritare perfino la figlia della vicina di casa grazie a questi via vai, ma nessuno che conquistasse le attenzioni della nipote. Una notte, durante un dormiveglia, Eloisa scese in cucina e vide il nonno che brindava con Nicola. Erano sereni e felici come bambini, ridevano, ma quando si accorsero di essere visti scapparono via.

La giovane immediatamente riferì il tutto alla nonna. “Che mascalzoni - esclamò Gerarda, - i morti ridono e noi ci disperiamo! Su questa terra i nostri uomini hanno costruito la loro felicità, io continuerò a costruire la mia, aspettando che quel disgraziato di tuo nonno mi porti via, mentre tu costruirai la tua, nell’attesa di una vita più normale, e se arriverai a costruire colossi... Comunque, non fermarti!” Un istante dopo entrambe furono distratte da una miriade di voci esultanti. Si affacciarono alla finestra: la guerra era finita. La giovane si precipitò in cucina, prese due bicchieri e vi versò del vino. “Nonna, corri a brindare il riscatto dei nostri cari! Nonno, mamma, papà, fratello mio, Nicola, la pace sia con voi e la felicità con noi!”

Trascorse un po’ di tempo ed Eloisa ritornò nelle rovine di quella casa. Era lì, vicino alla grande finestra a braccia aperte, un vestitino giallino e i capelli sparsi al vento. Soffiava lo Zefiro. Arrivavano dolcemente l’estate e il mare da assaporare. Si intravedevano pescherecci qua e là. Soffiava il vento e portava con sé la consapevolezza del Nuovo Conflitto. Quell’estate conobbe l’uomo della sua vita, Antonio, un signorotto locale scampato alla guerra, fratello di una cliente che frequentava spesso la bottega. Con grande stupore della nonna, i due si sposarono l’anno seguente.

Correva il 10 agosto del 1947 e, mentre il mondo girava, i conflitti non cessavano e avanzavano nuovi cambiamenti. Eloisa scoprì di essere incinta di due gemelli. Gerarda corse in chiesa ad accendere due candele e pregò la Madonna e San Lorenzo di poter vedere nascere i suoi nipotini prima di andare via. La nuova famiglia era a festeggiare sul terrazzino di casa. Le stelle scivolavano nel cielo, l’eco del mare si faceva sentire ed Eloisa, Antonio e Gerarda si preparavano a ciò che sarebbe accaduto.

* * * * *

“L’età non è nostra padrona, siamo noi i sottomessi. Ci rendiamo schiavi di una sofferenza sconosciuta. L’ho vista immergersi nell’acqua sacra al Sole e in dolci onde la sua chioma disperdersi.”

Erika De Noia


NB. - Ogni riferimento a nomi, fatti e luoghi è puramente casuale. Sia libero il lettore di immaginare!

 Redazione (foto blog.libero.it)

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 12/02/2014 -- 09:33:13 -- vincenzo

Son rimasto un tantino in bilico, in attesa di una chiusura certa. Ma... Si sente la freschezza della narrazione, dove, però manca, non tanto l'affabulazione avvincente, quanto lo stacco temporale di momenti diversi, che finiscono per creare un tantino di confusione. Se la narratrice è quella di qualche tempo fa, devo dire che mi piacque di più il suo primo racconto. Però, è chiaro che può crescere. Auguri!

-- 12/02/2014 -- 11:53:32 -- Erika

Caro Vincenzo, l'Attesa non dona chiarezza né dà certezza. Come i protagonisti così l'autrice aspetta un qualcosa. La scelta è stata volontaria. Ringrazio per avermi resa partecipe della sua opinione!

 
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