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27/03/2013

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UN AMORE CHE VA OLTRE LA MORTE

Clicca per Ingrandire Era il 12 marzo di dodici anni fa quando lo notai per caso, quell’uomo in giacca e cappello, alto, scuro e di bell’aspetto. Io ero poco più di una ragazzina che sorseggiava silenziosa una tazza di tè con le amiche al solito bar. Fu un colpo di fulmine a ciel sereno. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato lo stesso anche per quell’uomo? La prima volta che lo incontrai fu durante la messa pasquale, quando mi strinse la mano in segno di pace. Sentii le gambe tremare. Qualche giorno dopo trovai una rosa bianca con una lettera sul davanzale della mia finestra e qualche sera più tardi lui, dietro la porta.

Era un bell’uomo e non aveva nulla di strano, non poteva parlare ma si faceva aiutare dallo sguardo e dalla penna. Era un poeta: mi circondava di dolci frasi e surreali pensieri. E quando le nostre labbra s’incontrarono per la prima volta, sentimmo che era amore, amore vero, e quella stessa notte congiungemmo le rispettive vite in quella che diventò la nostra dimora, il nostro nido d’amore. Impregnavamo la nostra vita di inchiostro e gioia infinita, e scivolavamo felici dalle nuvole al letto e dal letto al cielo.

Fu il periodo più bello della mia vita. Io ridevo e cantavo a voce distesa i versi che mi dedicava e non mi accorgevo del male che si stava gonfiando, del bicchiere di vino sempre vuoto e del silenzio troppo inquieto. Ah, quei dolci risvegli nel mezzo della notte, le sue grandi mani attorno alla mia gola che volevano strapparmi la voce! Per fortuna il tutto si risolveva con uno sguardo e un soffocante abbraccio. Alla fine ci riconciliavamo, anche se col passare delle stagioni il mio amato approfondiva, oltre alla conoscenza dell’alcool, la compagnia di innumerevoli altre donne.

Certamente non mi feci da parte e mi lasciai consolare da un cantante, di cui in fondo non mi interessava niente. Quando lo venne a scoprire, mi fu impossibile uscire per più di una settimana… non potevo alzarmi dal letto! Ben presto i giorni diventarono violacei come la pelle: questo amore mi faceva vedere le stelle! Non era pietà, né compassione a impedirmi di abbandonarlo, era un qualcosa di grande che ci teneva stretti: era alchimia! Le sue dolci carezze, i suoi caldi respiri, quel nostro ululare alla luna piena... Se non ci fosse stata quella mattina che mi svegliai sola nel letto e affacciandomi alla finestra lo vidi giù, sul marciapiede.

Mi precipitai in strada a soccorrerlo. In quell’istante il vento, che soffiava violento, proiettò sui vetri delle finestre una pellicola di ricordi, ricordi di nessuno, i nostri. E la pioggia, che scendeva fitta, uno a uno li cancellava con prepotenza. Il mare agitato innalzava le sue onde al cielo, schizzi d’acqua salata si mescolavano a gocce d’acqua dolce, scagliandosi sui tetti, a terra, contro di noi. E il cuore si mescolava alla ragione, e il dolore cercava conforto nella follia. Dopo averlo baciato per l’ultima volta, scappai via. E ogni volta che piove e soffia forte il vento, mi sento morire.

Quanto vorrei urlare! Da quel giorno, però, promisi di non parlare più. Così mi consolo leggendo e bevendo, covando nell’anima quell’amore che varca ogni confine. Il confine del pudore, dell’innocenza, del dolore... della stessa morte. Quell’amore che va oltre l’onore, che non sa tenere chiuse le porte della perversione. Oh, caro amore! Se mi guardi mi batte forte il cuore, se mi tocchi mi sento esplodere dentro, ma il destino predispone tutto. Un amore che odia il banale e osa l’inosabile, un amore fatto di baci, sorrisi, mani strette al collo... e un fiume di parole, pensieri mai detti e menzogne sempre presenti!

Spericolato amore! Se mi sento sola e so che anche tu lo sei, se mi percuoti più di una volta e provo indifferenza, diventa un sogno che corre lungo una strada lontana, grida ai passanti la sua esistenza e dà pugni nello stomaco e colpi sulla testa. Quanto amore! Abbandonarsi al piacere e non riconoscersi più, ardere dentro e non potersi parlare, abbracciarsi e sentirsi soffocare. Questo amore incoerente, beffardo, deficiente, ma pur sempre amore. Se questo è amore...

Erika De Noia


 Redazione

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 27/03/2013 -- 17:22:26 -- vincenzo

Bravissima, Erika! Voglio però credere che sia solo e soltanto frutto di fantasia; altrimenti, sarebbe un "osanna" all'amore più che profano, all'amore violento, all'amore grave di disperazione e senz'alcun futuro... Tutto, a danno della povera donna vittima!

-- 28/03/2013 -- 14:15:17 -- Erika

E' un racconto ispirato a vicende reali, non necessariamente vissute in prima persona! Potrebbe risultare pericoloso, spesso difficile addentrarsi nei meandri della mente umana e non è facile esprimere opinioni in merito. Non si può accusare qualcuno di essere incapace di amare, ognuno ama a modo suo... il "come" fa la differenza. Un pensiero va a tutti coloro che si nascondono nel silenzio, a tutte le vittime dell'Amore. E non esistono vinti o vincitori, ma solo eroi. La ringrazio, Vincenzo!

-- 29/03/2013 -- 17:58:17 -- vincenzo

Certo, cara "collega" (posso definirti così?). Si può essere "eroi" come tu dici e ciascuno di noi può darne definizione secondo il proprio vissuto o secondo il proprio angolo di visuale - che non può e non potrebbe essere (è meglio che non sia), identico per tutti. Quanto a "legere in" quel che è stato scritto, in pari modo viene recepito/interpretato. Ogni "morale" a parte, rimane invariato il mio giudizio, il mio compiacimento: sei all'incipit di un'ottima strada.

 
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