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09/11/2012

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“VENTI DI GRECALE”: Caos in Italia. Gino sull’Himalaya. Brani di vita - 5° cap. (2)

Clicca per Ingrandire “Sua Maestą comunque č sempre Sua Maestą - osserva soddisfatto Don Vito. - «Mo» ha ripreso a fare il Re. Č riuscito a ritornare a Roma, che č di nuovo la capitale del Regno d’Italia; ha nominato Umberto di Savoia, erede al trono, Luogotenente Generale del Regno, delegandogli completamente le prerogative reali; ha sostituito al Governo Pietro Badoglio, un soldato, con Ivanoe Bonomi, un riformista socialista, espressione del CLN. Che mosse! Con la fuga a Brindisi č riuscito a non cadere nelle mani dei tedeschi, evitando cosģ di consegnare l’Italia stessa ai tedeschi; con la dichiarazione di guerra alla Germania, e con la ‘cobelligeranza’ con gli alleati (ma ‘sta parola chi se l’č inventata?) ha favorito il rafforzamento in Italia del fronte contrapposto ai tedeschi; con la nomina di Umberto a Luogotenente ha assecondato le richieste del CLN, nuova forza politica antifascista, cercando comunque di preservare le sorti della dinastia Savoia; con il mantenimento del titolo di Re, non č uscito definitivamente di scena (in fondo una guerra mondiale, la prima, l’ha sempre vinta!); con la nomina di Bonomi, indicato dal CLN, a capo del Governo, ha preso definitivamente le distanze dal fascismo.”

«E d’a ‘puraziąunė ke cė dąicė?» chiede con interesse Don Pasqualino.
“Sģ sģ, se ne parla. Ma tu non ci pensare adesso - lo rassicura zio Raffaele, - tu sei nel Regno d’Italia, sei stato nominato podestą dal Re, hai ricoperto il tuo ruolo bene, lo riconoscono tutti! Non c’č niente di cui tu debba temere.”
«Povėrė Benčitė, akkąumė cė jč rraddłttė! ‘A uerrė l’ą persė, arrėstatė ‘n Itąlėjė, a kapė dė nu Statė pupązzė ke k’u sapė sė ‘rrčivė a krajė, kustrett a ffą ‘ccčidė i meġġjė kumbąńė sņujė, e pņurė u jenėrė, mbėcciątė jind’a fattė dė mucģdėjė e ccėdėtorėjė kondrė u stessė popėlė sņujė, manuvrątė akkąumė na mariunettė da Ittlčrrė.»
“La parabola sua č la parabola del popolo italiano - fa eco zio Raffaele, - ora stordito, frustrato.”

Don Pasqualino ascolta, con il desiderio - si capisce - di controbattere, ma non lo fa; preferisce sviare i discorsi. «E pņurė u Rre ą persė ‘a faccė. E manumąlė ke anna truątė ku mbroġġjė du luogotenendątė! ‘A spėranzė mo jč Umbčrtė, parė nu bbąunė krėstėjanė, ke fčin’a mmo nan gė jč truatė mmezz’a mbruġġjė!»
“E speriamo - aggiunge Don Vito - che gli possa capitare di tornare a rappresentare al pił presto tutti gli Italiani.”
«Amma tėnč ‘a spėranzė pņurė dė Bonņumė» aggiunge Biasino «e soprattłttė du CLN, ‘a vąira nuvėtą d’a pulitėkė! Jč na spėranzė pė mo e pė kraiė, e pė tuttė kuąndė. E mo cė fa sembė kkjł fortė ġrazėjė a tuttė kuģllė ke kapišėnė kkjł ‘ssajė e ke cė nė so fėjņutė e mo stannė turnąnnė in Itąlėjė.»

Quando si č saputo di Cefalonia, ho visto Papą inginocchiato davanti al Sacro Cuore, con la fronte appoggiata sulle mani; sussurrava piano; ho capito qualche parola. «Dujėmčilė giłvėnė? Kuattėmčilė? Seimčilė? Povėrė uańńņunė! … Kristė! Kristė! Ma Tu ‘ndo sta? … Stattė attčndė a Gėggčinė!»

* * * * *

L’inverno scorso inizia con un periodo di calma relativa. “Gli alleati - commenta zio Raffaele - si sono attestati lungo la ‘linea dell’Appennino’. I contendenti adesso stanno cercando, ciascuno per conto proprio, di ridefinire strategie, e recuperare forze e motivazioni necessarie.” Verso la fine dell’inverno, nei primi mesi di quest’anno, altri eventi s’incalzano a ritmo sostenuto. “Gli alleati hanno sfondato la linea dell’Appennino e avanzano nella pianura padana; il CNLAI ha impartito l’ordine di insurrezione generale; gli slavi (pure loro!) sono entrati in Italia, avanzando da nord-est, arrivando fino a Trieste e Gorizia; i tedeschi sono stati costretti ad abbandonare le maggiori cittą del nord Italia, da Bologna a Genova, a Torino, a Milano; e cominciano a circolare voci di cedimenti e smobilitazioni tra le truppe tedesche e fasciste. «Uańńł», siamo forse arrivati all’epilogo?”

L’epilogo della tragedia si č compiuto fra aprile e maggio in un crescendo continuo. “Fine di Mussolini - elenca zio Raffaele, - cattura da parte dei partigiani mentre cerca di fuggire in Svizzera, fucilazione insieme a Claretta, esposizione orribile a Piazzale Loreto; resa incondizionata dei tedeschi in Italia; fine di Hitler, suicida con Eva Braun nel bunker della cancelleria; capitolazione della Germania, invasa da est, da ovest e da sud; fine della guerra in Europa con resa incondizionata dei tedeschi.”

Tutti seguiamo le notizie, che si rincorrono, attoniti, sgomenti, muti. Ieri Papą mi ha preso per mano. «Včinė a kkuą, Bėjanġł, voġġjė prėją, stattė kė mme!» Mi ha condotto davanti al Sacro Cuore, si č inginocchiato faticosamente. «Giasėkri’, forsė putčimė akkumėnzą a stą ‘n pacė, a rėspėrą … E Tu, stattė sembė attendė a Gėggčinė. U fiġġjņulė e Bėjanġłccė ‘u stannė aspėttąnnė!» Poi abbiamo recitato insieme il ‘Pater Noster’.

* * * * *

Le notizie di Gino da Yol sono state per qualche tempo simili a quelle ricevute da Bangalore, tramite le solite cartoline prestampate. “Ma, adesso che con gli Inglesi č stato firmato l’armistizio - mi chiedo, e chiedo - perché Gino non lo fanno tornare in Italia?”

“Mah! I perché possono essere tanti - cerca di razionalizzare zio Raffaele. - Perché le clausole dell’armistizio prevedono la liberazione dei nostri ex nemici, ma non la reciprocitą. Perché, nonostante l’armistizio comprenda la dichiarazione di ‘cobelligeranza’ (parola inventata dagli italiani, che gli alleati non riescono a interpretare), l’Italia continua a essere considerato un Paese non amico, sconfitto, in stato d’occupazione. Perché il Regno d’Italia ha ben altro cui pensare adesso, e non si interessa dei Prigionieri. Perché gli Inglesi non si fidano del Regno d’Italia, che ha un Re che non brilla per affidabilitą. Perché i prigionieri, che hanno tutti un’educazione fondamentalmente fascista (molti sono camicie nere) tornando in patria, potrebbero decidere di parteggiare per i nemici. Perché i soldati italiani prigionieri servono come manodopera. O perché... «saccė ji!»”

A novembre Lovoglio ci ha recapitato inaspettata una lettera di Gino da Yol: una pagina, scritta fitta fitta, con una calligrafia, la sua, chiara e ordinata. Quando l’ho vista, mi sono commossa tanto. “Ha scritto Papą - ho spiegato a Paolo, che mi guardava con sguardo interrogativo.

«Bruttė, Papą! Fa sembė kjańńė a mamma, Bruttė!»

Mac Bean aveva comunicato la notizia dell’armistizio. Un paio di settimane pił tardi poi aveva proposto agli ufficiali italiani di giurare - sulla loro parola di ufficiali e gentiluomini, confermata da una firma - fedeltą alla nuova Italia del Re e di Badoglio. Molti ufficiali avevano chiesto tempo per riflettere. Ma dopo qualche giorno avevano firmato quasi tutti. A chi ha firmato č ora concesso di scrivere lettere, non pił lunghe di una pagina, non pił di due lettere al mese, e di uscire dal campo, mantenendosi in una zona delimitata. Questo ha raccontato Gino nella sua prima lettera da Yol, dopo tante parole di amore e speranza. Da allora abbiamo potuto sapere qualcosa di pił sulla vita di Gino.

L’ambiente del campo č confortevole. Gli alloggi dei prigionieri e i servizi sono baracche in legno o tende. I campi sono circondati da reticolati. I prigionieri sono in divisa grigioverde. Il comandante si chiama John Mac Bean, č scozzese, e capisce discretamente l’italiano; a lui riportano alcuni sottufficiali, che chiamano ‘Quarter’s Master’. C’č un medico militare italiano; e anche un cappellano militare italiano. I prigionieri sono coordinati e rappresentati da un maresciallo capo-campo. Due volte al giorno viene fatta l’adunata, in uno spiazzale che chiamano ‘anticamp’, alla presenza del comandante e dei Quarter’s Master. Il trasferimento da Bangalore a Yol č durato sei giorni: con tanti smistamenti da un treno all’altro, con tante soste brevi in stazioni intermedie, alcune delle quali sembrano cittą molto grandi, fino a Nagrota; e poi da Nagrota a Yol su camion. A Yol sono concentrati una decina di migliaia di italiani, in gran parte ufficiali, ufficiali inferiori, quasi tutti fatti prigionieri nelle campagne d’Africa e di Grecia.

A Yol c’č anche Peppinillo, il primo dei figli di zio Luigi, suo cugino. Č arrivato - incredibile! anche lui! - a Yol, nello stesso campo: č stato preso prigioniero in Africa Orientale, in Eritrea, ed č arrivato a Yol partendo da Massaua e passando per Aden, Bombay, Bangalore. Gino č contento che anche Peppinillo sta lģ: si sente meno lontano da casa! Gino anche a Yol continua a svolgere funzione da interprete. Ha buoni rapporti con il comandante Mac Bean. Ha fatto amicizia con il medico militare, il tenente Mancini, e con il cappellano militare, Don Fabrizio. Mac Bean sa benissimo che il maggior nemico dei prigionieri č la noia. Lui tiene moltissimo all’efficienza fisica dei prigionieri: “Mens sana in corpore sano”, ripete sempre in latino con la sua pronuncia inglese; e presta quindi grande attenzione alle attrezzature sportive: una tenda č adibita a palestra; e c’č anche un campo da tennis - č impossibile battere Mac Bean a tennis. - E cura anche, per quanto gli riesce, qualche attivitą culturale: c’č un cinema all’aperto, e una biblioteca, e approfittando della presenza fra i prigionieri di professionisti e qualche intellettuale sta cercando di contribuire, insieme ad altri comandanti di campo, all’organizzazione di corsi a livello universitario.

All’interno del campo č reso operativo un minisistema economico: si usano banconote apposite, con valore in rupie indiane, suddivisibili in sedici ‘annas’, non spendibili all’esterno; alcune attivitą sono a pagamento; i prigionieri acquistano le banconote con i loro stipendi. Risulta quanto mai evidente che č comunque opportuno che ognuno si crei degli obiettivi propri, dei traguardi da raggiungere, si trovi qualcosa da fare, si impegni insomma. E cosģ c’č chi fa l’ortolano, chi il giardiniere, chi il sarto, chi il calzolaio, chi il barbiere; e chi si dą alla lettura - Mac Bean ha reso disponibili diversi libri su soggetti legati all’India, compresi i romanzi di Kipling e Salgari, che sono letti e riletti da molti, - o alla musica, o alla pittura, o alla realizzazione di una rivista, stampata non si sa come, o alla realizzazione di macchine improbabili, come un distillatore di acqua, o una trebbiatrice; o si improvvisa chiromante, con grande successo di pubblico, dal momento che tutti hanno il desiderio enorme di conoscere il proprio futuro.

Fin quando i prigionieri sono rimasti rinchiusi nel campo recintato, l’India, quel grande Paese oltre la rete conosciuto solo attraverso libri o racconti, č rimasta una grande attrattiva. Attraverso la rete di recinzione, qualcuno ha potuto stabilire contatti umani con i locali; e qualcuno ha anche negoziato qualche baratto. Poi, da quando sono concesse libere uscite, ancorché limitate a una zona circoscritta, i prigionieri hanno potuto visitare i dintorni e parlare con la gente; e sono rimasti tutti senza fiato di fronte alla vastitą di panorami infiniti, alla rigogliositą della vegetazione - “Bianca mia, sapessi quanta acqua c’č qua! Altro che Puglia assetata!” - e alla maestositą di montagne innevate - “dopo le piogge torrenziali, l’aria diventa cosģ tersa, che i giganti dell’Himalaya sembrano potersi toccare” - e conquistati dalla mitezza e dalla gentilezza della gente! Gino č rimasto colpito dall’atmosfera che si respira in un tempio induista, non lontano, ma nascosto romito in un querceto secolare.

Mac Bean, che cerca di interpretare i desideri dei prigionieri, ha procurato altri libri: sulle avventure del Duca degli Abruzzi, del Generale Nobile, del Professor Desio; e sull’induismo. E ha poi accondisceso alla richiesta di alcuni ufficiali alpini che, ammaliati dal Lena - un gigante della catena del Dhola Dhar, la cui sagoma ricorda tanto il Cervino - non resistevano pił al desiderio di tentarne la scalata. Ha allora allargato notevolmente l’ampiezza della zona consentita ai prigionieri all’esterno del campo. E gli alpinisti hanno fatto gli alpinisti, con i mezzi assolutamente approssimativi di cui possono disporre: dopo alcuni approcci di prova e di ambientazione, sono riusciti ad arrivare sulla vetta del Monte Lena piantando la bandiera italiana. Altri prigionieri hanno esplorato carovaniere che s’inerpicano solitarie sul ciglio di abissi senza fine. Altri, fra cui Gino, Peppinillo, Don Fabrizio, hanno preferito approfondire conoscenze sulla cultura locale, soprattutto sull’induismo.

“Incredibile. Commovente! - esclama zio Raffaele, quando gli racconto le gesta dei prigionieri. - Questi nostri ragazzi, prigionieri, per continuare a vivere, inseguono con forza aneliti di libertą.”
“«Zėją», sembra quasi che siano contenti.”
“Biancł, Gino non puņ scrivere tutto. Puņ scrivere solo quello che la censura lascia passare.”

Gino non spende per sé quasi nulla; anche se fuma tanto! La maggior parte dello stipendio che gli danno arriva a Peschici tramite il Ministero della Guerra su un conto corrente che Papą Paolo gestisce per conto mio. Peppinillo - mi scrive Gino - spende ancora di meno. Lui manda il suo stipendio praticamente intatto a Denise, la sua fidanzata, a Roma. Quando lui č stato richiamato alle armi, Peppinillo e Denise vivevano insieme in un appartamentino in affitto a Roma, gią da un annetto e stavano cercando di avviare con altri amici uno studio di avvocati. Peppinillo č innamorato perso di Denise. Parla sempre di lei!


(2.5 cont.)


NB1. Per seguire meglio la narrazione, elenchiamo i link delle puntate precedenti relativi ai capitoli del romanzo gią pubblicati (coi titoli originali) e da pubblicare.

Cap.1 - Rifugio a Peschici - Gino e io. Italia in guerra. Gargano. Arrivo a Peschici. (18.06.1940)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5363
(2) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5369
(3) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5410
(4) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5435

CAP. 2 - La Famiglia - La casa. La famiglia. La giornata. Primi incontri. (23.06.1940)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5487
(2) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5523
(3) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5559
(4) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5628
(5) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5656

CAP. 3 - Il Paese - Peschici. Guerra in Africa. Gino prigioniero. (21.04.1941)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5709
(2) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5734
(3) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5751
(4) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5779
(5) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5811

CAP. 4 - Echi di guerra - Guerra in Italia. Gino in India. Ciclo delle stagioni. Brani di vita. (29.09.1943)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5851
(2) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5882
(3) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5919
(4) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5962
(5) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5992

CAP. 5 - Echi di caos - Caos in Italia. Gino sull’Himalaya. Brani di vita. (29.06.45)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=6017

CAP. 6 - Ritorni

CAP. 7 – Tra le stelle


NB2. Si puņ facilitare la lettura dei periodi idiomatici tenendo a portata di mano la tabella dell’Alfabeto Peschiciano scaricabile da www.puntodistella.it/public/file/periodici/alfabeto_pds.doc




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