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16/10/2012

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BIKE SHARING, QUESTO SCONOSCIUTO

Clicca per Ingrandire Il bike sharing (traducibile come ‘condivisione della bicicletta’, talvolta indicato come servizio di biciclette pubbliche) è uno degli strumenti di mobilità sostenibile a disposizione delle amministrazioni pubbliche che intendano aumentare l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici (autobus, tram e metropolitane) integrandoli fra loro (trasporto intermodale) e mediante l'utilizzo di biciclette condivise per i viaggi di prossimità dove il mezzo pubblico non arriva o non può arrivare. È quindi una possibile soluzione al problema dell'ultimo chilometro, cioè quel tratto di percorso che separa la fermata del mezzo pubblico dalla destinazione finale dell'utente.

Da anni il bike sharing presente in numerose città europee è un indispensabile sistema di trasporto urbano soprattutto in alcuni centri grandi o piccoli che siano. Ma non in tutti però. Perché una recente inchiesta a livello europeo ha rivelato che ancora esistono una serie di problemi e anomalie connessi a tale tipo di mobilità in alcune città del Vecchio Continente. Il Touring Club Svizzero per la prima volta in Europa ha avviato unitamente a diciassette altri club di sedici Paesi europei una sorta d’inchiesta per esaminare a fondo i sistemi di noleggio delle biciclette, prendendo in esame quaranta città di diciotto Stati. L’indagine, partita il 20 marzo, si è conclusa il 22 maggio.

Unitamente agli altri partner europei, sono stati messi sotto la lente d’ingrandimento quaranta sistemi di bike sharing in altrettante città di diciotto Paesi d’Europa e subito sono state evidenziate grandi differenze fra i diversi sistemi europei. I criteri del test hanno riguardato la qualità della bicicletta, l'accessibilità del sistema e le informazioni a disposizione dei turisti. In particolare, la diversità dei sistemi è stata evidenziata dall'accessibilità per l'utilizzazione spontanea, soprattutto per le persone che scoprono la città per la prima volta. Sono state prese in considerazione anche la facilità d'accesso e le differenti possibilità d'utilizzo.

Per completare la valutazione, sono stati esaminati la quantità e la qualità delle informazioni disponibili, l'equipaggiamento della bicicletta e i siti internet. Una sola città ha ottenuto il voto ‘molto buono’. Col suo sistema "Vélo'v", Lione è al primo posto. Con 343 stazioni e 4mila biciclette, la città d’oltralpe è un esempio cui ispirarsi: le bici sono fruibili per tutti (24 ore su 24) alle fermate dei trasporti pubblici, la registrazione è rapida e gratuita, le stazioni sono completamente automatizzate e le informazioni risultano essere disponibili in varie lingue. Tre altri sistemi sono stati giudicati addirittura ‘molto insufficienti’.

Per esempio: all'ultimo posto si trovano Amsterdam e l'Aia. Nelle due città olandesi l'iscrizione è a pagamento e solo online, l'uso immediato del mezzo è pressoché impossibile, non si può restituire la bici in una stazione di propria scelta, il pagamento deve avvenire solo tramite prelievo bancario, le informazioni sono unicamente in olandese, le biciclette non hanno il cambio marce e la collaborazione coi trasporti pubblici è inesistente. Per il resto, il test rivela che oltre la metà delle città prese in esame ottengono la menzione ‘buono’. L’Italia, com’era prevedibile quando si parla di sistemi innovativi che possono portare benefici alla collettività, si trova agli ultimi posti della graduatoria.

Solo i bike sharing di Milano e Torino ottengono il voto buono, mentre quello di Parma deve accontentarsi di un ‘sufficiente’ e quello di Bari addirittura ‘insufficiente’ (fra le ultime in classifica). Lecce, nonostante sia una polo d’attrazione turistica di rilevante importanza, non figura neanche negli elenchi nonostante un sistema inaugurato trionfalisticamente a settembre 2009 e quindi in notevole ritardo rispetto al resto delle città a dimensione europea avendone potuto mutuare le esperienze positive. Incredibile l’impossibilità di conoscere l’effettivo indice di gradimento da parte degli utenti. Per le città italiane i difetti più gravi si riscontrano nell’utilizzo concesso solo dai 16 o 18 anni, nelle informazioni disponibili soltanto in inglese, in hotline a pagamento e nella connessione coi trasporti pubblici non ottimale.

E a Peschici? La risposta ce la dà un commento postato su un gruppo locale di facebook firmato da Walter Tauber, attento osservatore della realtà cittadina. “Facendo una passeggiata in questa splendida giornata quasi estiva, sono passato davanti a una specie di monumento ai caduti (foto del titolo, di Daniela Paone; ndr): le biciclette elettriche. La domanda sorge spontanea: un'altro spreco di soldi pubblici? Forse. Bisogna anche dire che tutte le ottime intenzioni dell'iniziativa sono state tradite da una mancata promozione e da un folle sistema di accesso al servizio. Sembra che le istituzioni si divertano a complicare la vita di chi vuole, semplicemente, farsi un giro in bici alla scoperta del nostro meraviglioso territorio.

“Quindi - si chiede - anche questa iniziativa è destinata all'oblio, in attesa che i soliti noti provvedano a farle sparire o a distruggerle in una serata di folle divertimento? Spero di no. Intanto i vari enti istituzionali (Parco, Comune, Provincia, eccetera) potrebbero dedicare delle giornate ‘in bici’ coinvolgendo le scuole, ma non solo, con delle ‘pedalate a tema’. Iniziative simili potrebbero coinvolgere anziani, associazioni, cittadini comuni. La sensibilizzazione sui temi ambientali, alla riscoperta, valorizzazione e ‘protezione’ del nostro territorio, sarebbero soldi pubblici spesi bene!”
Giovanni D’Agata*


*fondatore “Sportello dei Diritti”

 Redazione

 

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