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25/08/2012

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NON DISTRUGGIAMO IL “GIOCATTOLO”

Clicca per Ingrandire I panni sporchi si lavano in famiglia. Certo, ma a volte un “aiutino” esterno può valere più di cento azioni improvvisate (o meno), studiate a tavolino fra piccoli grandi cervelli (o meno). Il riferimento - del tutto non puramente casuale - è al CFF. Quando nascono, prendono corpo, si sviluppano, si attuano certi movimenti contestatori (è noto quanto accaduto in Carpino il fatidico 9 agosto, vigilia della chiusura del Festival), vuol dire che ‘qualcosa’ non va. Non è nostra intenzione (molto lungi da noi) entrare nel merito della questione. Si sa, in queste circostanze hanno ragione tutti e tutti hanno torto, ci si fa prendere la mano, si esagera, ciascun atto - verbale o scritto - viene amplificato, ma una considerazione molto generica, ci sentiamo di farla, vogliamo farla.

Mentre maturava in noi tale decisione, in quell’area del cervello che raccoglie sensazioni, pronte a diventare certezze, derivanti da precedenti di vita vissuta - di riflesso o in prima persona, - è letteralmente deflagrata una locuzione che giunti a questo punto del percorso esistenziale di ciascuno è diventata putroppo il brand del nostro vissuto attuale e quotidiano. Un vissuto ‘inquinato’ da talmente tanti parametri (e non tutti apertamente positivi) che al di là di ogni cautela o timore di apparire cattedratici e sentenziosi abbiamo tentato di riassumere nell’aforisma “scopo della vita è la cultura del proprio orticello”.

Che significa. Tutto e niente. Tutto, se si guarda e si pensa ai fenomeni di globalizzazione che ormai ci hanno investito con lacerazioni talora sanguinose e controproducenti, talaltra con risultati di certo non negativi. Niente, se si continua a ragionare feudalmente radicati a un universo medievale obsoleto e scarsamente indicativo o didascalico. Tutto, se si pensa che saremmo ancora nelle caverne e nei grottoni preistorici se la scintilla della “curiosità” e del voler conoscere cosa accadesse e ci fosse al di fuori di quegli ambienti non avesse afferrato i sensi esplorativi dell’uomo di Neanderthal. Niente, se si nega che al di fuori di noi, della nostra “zona di competenza” stia succedendo qualcosa.

Parole? Sì. Parole vuote? Forse. Parole al vento? Chissà. Parole insignificanti per spiriti chiusi? Certo. Ma parole dettate dal cuore e dall’amore che portiamo verso questo territorio che non ci ha dato i natali ma è diventato - perché lo abbiamo fortemente voluto - la nostra patria, la sede delle personali radici, quelle radici che non abbiamo mai sentito di avere. E a favorire tale nostra vera e propria evoluzione fu una persona che - come già accennato in altra sede e occasione - in questi giorni si starà rivoltando nella tomba. Un autentico uomo, un “politico” di razza, un personaggio lungimirante e profetico (“non andremo mai da nessuna parte se non penseremo ai nostri centri cittadini alla stregua di ‘quartieri’ di una grande città chiamata Gargano”). Il nome? Lo abbiamo e lo avete capito tutti.

E’ vero, fra rioni si istituiscono contese e corse al palio, ma sono una semplice, naturale, viscerale valvola di sfogo alle energie represse, non atti vendicativi. Né tanto meno atti di superiorità o voglia di prevaricare. Non dimostrazioni di forza e ‘colonialismo’. Non certamente desiderio di mettersi in cattedra e imporsi sugli altri. Perché? Ovvio, perché si è superato il provincialismo dei duecenteschi Comuni, il Barbarossa è stato cacciato e adesso ci autogestiamo, fra noi, insieme, informati a un unico obiettivo: crescere tutti, migliorarci tutti, evolverci tutti. Stare bene, tutti.

Uno dei parametri ‘inquinati’ cui si accennava prima - forse il più fondamentale e deterrente - è quello del “io l’avrei fatto meglio di te” (ma non si è mai peritato dal farlo). “Io so farlo meglio di te” (e giù una valanga di critiche per demolire, pretestuose, psicologicamente violente - la violenza non è solo fisica - e volte a distruggere). Parametro, certamente negativo, che annulla alla radice l’altro, opposto, esattamente contrario, che recita: “Siccome ho delle idee, dei progetti, delle proposte, delle migliorie, dei perfezionamenti, mi metto a vostra disposizione, mi alleo con voi e lavoriamo insieme”. A dirla in altri termini: rivoluzione dall’interno, non dal ‘di fuori’.

Tu esisti già e io non concordo con alcune tue decisioni? Bene, entro a far parte della tua congrega (non mi fate entrare? vi convincerò) e porto (se ne sono capace) le mie idee rivoluzionarie o antitetiche alle tue. Ne discutiamo, se del caso ci scanniamo, ma alla fine si troverà - da persone ‘intelligenti’ - la soluzione migliore. Soluzione che non sarà pregnante per il mio o il tuo quartiere, il mio o tuo rione, la mia o la tua situazione, il mio o il tuo… orticello, ma per entrambi. Lottare dall’esterno è destinato a diventare guerra, e le guerre sono tutte, indistintamente, avvenimenti ‘idioti’ e destinati al soddisfacimento individuale degli ‘idioti’, pensate e fatte da ‘idioti’ (idioti nel significato… medico del termine: oligofrenici).

Quindi, deponiamo le armi… e mettiamoci al lavoro. Mettetevi al lavoro, accantonando arroganze e superbie, prepotenze e presunzioni, invadenze e abusi, da una parte e dall’altra, ammettiamo errori - meglio di qualsiasi richiesta o presentazione di ‘scuse’ - e responsabilità mancate o venute meno, ricuciamo o ricostituiamo o… costituiamo rapporti e relazioni feconde e redditizie. Riorganizziamo il tutto con l’apporto di tutti, ma soprattutto non distruggiamo un ‘giocattolo’ che è un fiore all’occhiello, e non importa di chi, perché è l’intera comunità garganica, la CittàGargano di Filippo Fiorentino - ecco il nome per chi non sappia - che lo richiede. Non siamo al tramonto, anzi… vediamo l’alba.

Vorremmo scrivere tanto altro, avremmo da scrivere tanto altro, ma ben conosciamo la pesantezza delle parole, quindi un solo suggerimento, per finire: non lanciamo dichiarazioni di guerra e proclami avventati, se siamo tutti d’accordo che è finito il tempo del ‘gioco’ e bisogna fare ‘sul serio’. Se ciascuno è giunto, sollecitato o autonomamente, alla conclusione che non c’è rimasto molto tempo, se abbiamo fatto tesoro delle esperienze negative, se siamo e ci siamo convinti che il sostantivo ‘evoluzione’ non è solo un lemma da vocabolario o per iniziati. Evitiamo la rincorsa agli armamenti e trattiamo. Siamo tutti pronti a portare il personale contributo.

O no?

Piero Giannini


 Redazione (foto humour-ugb.blogspot.it)

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 27/08/2012 -- 09:07:48 -- vincenzo

La mia RISPOSTA, anche se sono un semplice, passivo spettatore, è SI'. D'altronde, con poche parole, in questi giorni, ho espresso il medesimo auspicio, indipendentemente da quel che, giustamente e saggiamente, pensava l'amico Filippo: che si faccia, del GARGANO, un unico centro, che non esistano campanili in lotta, che, una goccia ciascuno, si porti l'acqua nello stesso alveo (ormai secco) e si alimenti, come sarebbe opportuno, lo stesso fiume. Con un secchio d'acqua buttato quì, un altro buttato là, non si dà vita né a fiumi né a laghi.

 
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