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07/06/2012

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IMPORTANZA DEL LIBRO

Clicca per Ingrandire Giungono a termine venerdì 8 e sabato 9 giugno le quattro manifestazioni organizzate dal Club Unesco “Federico II” e dal Circolo Unione di Lucera per celebrare le Giornate Mondiali del Libro. Scopo degli “Incontri con l’Autore” è portare il libro fra la gente, distribuirlo, farlo conoscere e amare, considerarlo un proprio compagno di viaggio, un elemento di arricchimento e socializzazione. Gli ultimi due appuntamenti, in programma alle 19 nel Salone delle feste del Circolo Unione, consisteranno nella terza edizione di “Lucera Medievale”, in programma venerdì 8, e nella terza edizione di “Lucera Barocca” sabato 9.

“Lucera Medievale” risponde a una precisa volontà del Club “Federico II” di promuovere, attraverso una più diffusa conoscenza scientifica, la città sede della più vasta fortezza medievale d’Europa e si propone di incoraggiare l’inserimento della Fortezza nella lista dei monumenti candidati a diventare Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Per l’incontro dell’8 si è tuttavia preferito dare spazio al tema “I Domenicani a Lucera e il Beato Agostino Kazotic”, Vescovo originario di Traù - di cui è ripreso il processo di canonizzazione - chiamato da Roberto d’Angiò il 1322 a reggere le sorti della città da poco ribattezzata col nome di “Città di Santa Maria”. Il convegno avrà come relatori Padre Gerardo Cioffari, archivista della Basilica di San Nicola a Bari e mons. Domenico Cornacchia, Vescovo della Diocesi Lucera-Troia.

L’agosto del 1300, nel momento in cui Carlo II d’Angiò ordinava l’allontanamento della colonia musulmana da Lucera, dava anche disposizione di far tornare in città le famiglie religiose dei Francescani e dei Domenicani, e insediarvi anche una comunità di frati Agostiniani. Ai tre ordini religiosi il re affidava l’incarico di tenersi pronti a entrare in Lucera-Santa Maria per sovrintendere al ripopolamento e al riordinamento della città. In meno di due mesi dallo sterminio gli ordini erano già all’opera per costruire i conventi. La circostanza si evince chiaramente da un documento dell’ottobre 1300, solo due mesi dopo la depopolazione saracena.

Avendo saputo che a Lucera si erano ritrovate alcune campane riservate alla curia regia, il re ordinò al castellano di donarne una per ciascuna erigenda chiesa dei Frati Minori, dei Predicatori e degli Agostiniani. I saraceni venduti come schiavi nei principali centri del Regno furono alcune migliaia. Una decina di pergamene al riguardo si conservano nell’Archivio della Basilica di S. Nicola di Bari, in quanto il tesoriere Pietro de Angeriaco fu uno dei tre incaricati della gestione di tale vendita. Col ritorno dei Domenicani, nel 1300 ha inizio la lunga presenza dei Frati predicatori nel convento lucerino di San Domenico, presenza interrotta dopo 500 anni solo nel 1806, che ebbe in “Santo Agostino di Dalmazia”, Vescovo di Lucera dal 1322 al 1323, il suo più alto esponente.

Sabato 9 giugno, nell’ambito della terza edizione di “Lucera Barocca”, la professoressa Rita Mavelli, storica dell’arte, parlerà dell’arredo barocco della cattedrale di Lucera e della cappella di santa Maria Patrona. L’introduzione sarà del coordinatore del progetto “Lucera Barocca. Itinerari artistici in Capitanata” e socio ordinario del Centro Ricerche di Storia religiosa in Puglia, Massimiliano Monaco. Con “Lucera Barocca” il Club Unesco “Federico II”, in collaborazione con l’Ufficio Beni culturali ecclesiastici della Diocesi di Lucera-Troia e il Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia, si propone alcuni fondamentali obiettivi:

- realizzare un processo di sensibilizzazione culturale e rivisitazione di un linguaggio artistico particolarmente presente in Capitanata, che ebbe come primo scopo il superamento delle barriere geografiche, razziali, religiose e culturali;
- aggiornare le conoscenze scientifiche sul tema del Barocco in Capitanata, Puglia e Italia;
- affermare che conoscenza e valorizzazione del patrimonio artistico portano alla collaborazione fra le Nazioni;
- ricordare come l’armoniosa compresenza di ogni stile artistico e architettonico è alla base del rispetto e della pacifica convivenza di tutti i popoli della terra.

Il Barocco fu infatti un movimento culturale che, superando i confini del Vecchio Continente, finì per unire, influenzandole in modo determinate, le realtà politiche, economiche e religiose di tutti i Paesi del mondo. Il termine è utilizzato correntemente per indicare la civiltà letteraria, filosofica, artistica e musicale caratteristica del periodo che va dalla fine del ’500 alla metà del ’700. Per estensione, si indica con lo stesso nome il gusto legato alle manifestazioni artistiche di questo periodo. Alla chiusura del Concilio di Trento (1563) obiettivo della pittura e della scultura nelle chiese cattoliche romane doveva essere quello di illustrare anche agli analfabeti gli episodi della Bibbia e della tradizione cristiana.

Per l'audacia delle strutture, il ritmo delle masse e l'imponenza delle opere, la monumentalità delle forme barocche diventa in qualche modo il simbolo della Controriforma, lo stile che poteva dare al Papato, come a una monarchia assoluta, l’espressione formale per ristabilire potere e prestigio. Accanto a sovrani, principi, istituzioni civili, alta borghesia, il maggiore committente di architettura e pittura barocca fu per questo la Chiesa, soprattutto quella cattolica, favorita dal programma di ‘riconquista’ della Controriforma, ma anche alcune Chiese riformate, che compresero il messaggio che quell’arte e quel gusto potevano dare: stupire per educare.

Al di là dei valori formali dell’architettura, oggi la lotta per la difesa di ogni stile del passato si identifica con quella della difesa della cultura e con quella, assai più ricca di significati, della continuità della memoria. E in effetti, come con le sei-settecentesche “riduzioni alla moderna” le sontuose forme barocche vennero a sovrapporsi alle precedenti linee romaniche, gotiche e rinascimentali all’interno delle sobrie aule liturgiche (ravvivandone e impreziosendone le austere scenografie), e come le chiese barocche vennero a fondersi nei contesti urbani delle città, parimenti, a partire dalla fine del 19.mo secolo una serie di restauri demolitivi aggredirono e impoverirono le stesse chiese, privandole di ogni significativa testimonianza artistica, culturale e religiosa.

Tali “snellimenti” non si limitarono a cancellare o decontestualizzare gli eccessi o gli aspetti più modesti di quella che fu una straordinaria tradizione artistica napoletana, ma ne travolsero anche componenti e strutture di maggior pregio e valore, traumaticamente liberate da ogni ‘stratificazione’ posteriore, alla ricerca di una scabra essenzialità. Il Barocco napoletano divenne un’arte da negare in un processo di rimozione, non solo fisica, che traeva origine, come ebbe anche a dire Benedetto Croce, da una più grave rimozione “ideologica”.

Stefano Amoroso



 Ufficio Stampa

 

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