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12/09/2011

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PETROLIO: I RAPPORTI LIBIA-ITALIA

Clicca per Ingrandire Alla vigilia della guerra civile, la Libia aveva raggiunto un relativo benessere rispetto ai vicini nordafricani: 11mila 300 dollari di reddito procapite contro i 2.800 dell’Egitto e i 4.200 della Tunisia, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale. A fare la differenza è stata la possibilità di sfruttare per l’esportazione l’enorme dotazione di idrocarburi del Paese: 44,3 miliardi di barili di greggio (3,7 percento delle riserve provate mondiali, ottavo paese al mondo) e 1.540 miliardi di metri cubi di gas naturale (1 percento delle riserve mondiali). Il 2010 la produzione libica di petrolio è stata di 1,7 milioni di barili al giorno, ben inferiore ai 3,1 milioni di quando Gheddafi prese il potere (1969), ma sufficienti a fare della Libia il diciottesimo produttore al mondo. Nel caso del gas, la produzione è più modesta (15 miliardi di metri cubi all’anno), comunque rilevante.

Data la popolazione ridotta (6,5 milioni) e il limitato sviluppo del settore industriale, l’85 percento del petrolio e il 65 del gas naturale sono esportati sui mercati internazionali e rappresentano la quasi totalità dell’attivo commerciale della Libia (Rapporto Eia), oltre che l’80 percento delle entrate fiscali. Per ragioni geografiche e storiche, l’Italia è il principale partner commerciale libico: il 2010, il 22 percento del petrolio prodotto ha preso la via dell’Italia, per un controvalore di 8,2 miliardi di euro. Sempre il 2010, il 60 percento del gas prodotto è stato esportato in Italia attraverso il GreenStream (il gasdotto inaugurato il 2004 che collega Mellitah a Gela), per un controvalore di 2,1 miliardi di euro. Includendo anche i prodotti raffinati, il totale delle esportazioni in Italia è stato di 11,7 miliardi di euro (pari al 16 percento del pil libico), su un interscambio complessivo di 14,5 miliardi di euro (dati Ice).

Sebbene le relazioni italo-libiche coinvolgano anche alcuni grandi gruppi non-energetici (Unicredit, Impregilo, Finmeccanica e Iveco) e molte medie imprese, il settore energetico rappresenta dunque l’asse portante del rapporto e riguarda soprattutto una impresa: l’Eni. Attiva in Libia dal 1959, il 2010 l’azienda è stata il principale produttore internazionale di idrocarburi del Paese, con 116mila barili di petrolio al giorno e 9,4 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Se Eni è importante per la Libia, è vero anche il contrario: il paese nordafricano è quello in cui l’azienda produce più idrocarburi (273mila boe/giorno, il 15 percento del totale: per avere un paragone, in Italia è stata di 183 e in Egitto di 232) e rappresenta uno dei Paesi chiave per le strategie di lungo periodo, grazie alla lunga vita residua delle riserve (72 anni per il petrolio e 103 per il gas naturale) e soprattutto dei contratti di ‘Exploration and Production Sharing’, che hanno durata fino al 2042 per le produzioni di petrolio e al 2047 per quelle di gas (per un dettaglio delle attività Eni in Libia, vedi il Factbook 2010).

La vicinanza geografica e il ruolo di Eni hanno valso un posto importante agli idrocarburi libici sul mercato italiano: il 2010, la Libia è stato il primo fornitore italiano di greggio (23 percento delle importazioni) con 360mila barili al giorno, e il terzo fornitore di gas naturale, con 9,2 miliardi di metri cubi (di cui 4 commercializzati non da Eni, ma da Edison). Si tratta di cifre economicamente importanti, ma con una portata limitata sulla sicurezza energetica nazionale. Come dimostrato durante gli eventi bellici, l’interruzione degli approvvigionamenti dalla Libia non ha infatti comportato rischi di razionamento o aumento incontrollato dei prezzi finali. Per quanto concerne il petrolio, nonostante l’alta qualità dei greggi libici (leggeri e a basso tenore di zolfo), la Libia non è che uno degli oltre venti fornitori del mercato italiano e gli operatori (tra cui Tamoil, controllata dallo Stato libico) hanno potuto approvvigionarsi sui mercati internazionali. Per quanto concerne il gas naturale, la disponibilità di capacità di importazione inutilizzata sulle altre infrastrutture (tre gasdotti e due rigassificatori) ha consentito di compensare senza problemi l’interruzione dei flussi libici.

L’interdipendenza tra Italia e Libia è dunque economicamente rilevante, ma rappresenta un vincolo più per i decisori politici libici che per quelli italiani: se delle importazioni libiche l’Italia può fare a meno, il nuovo governo libico - se vorrà mantenere, come annunciato, gli impegni esistenti - non potrà prescindere dall’attività e dagli investimenti di Eni per disporre dei fondi necessari alla ricostruzione del Paese e alla sua nuova stabilità politica. Nel caso del gas naturale, il GreenStream rappresenta infatti una via di fatto obbligata per le future esportazioni di gas libico; nel caso delle concessioni petrolifere, la situazione è potenzialmente più fluida, soprattutto per quanto riguarda le esplorazioni, ma se il governo italiano saprà intervenire per garantire il rispetto dei contratti esistenti, la politica di investimenti di Eni degli anni passati potrà proseguire anche nei decenni futuri.

Matteo Verda*


*Università di Pavia e Ispi

 agienergia.it/

 

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