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30/08/2011

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IL “MISTER”: ALLENATORE E/O LEADER?

Clicca per Ingrandire A cosa serve lo sport: conoscenza di se stessi e del mondo, controllo emotivo, adattabilità, socializzazione, tolleranza alle frustrazioni, auto-efficacia: “Sì, io posso farcela”. Allenare non è un compito semplice, occorre che il tecnico sia in grado di miscelare qualità tecniche, tattiche, educative e comunicative. Un obiettivo importante per gli allenatori è quello di conoscere le motivazioni che hanno determinato e continuano a mantenere elevato il coinvolgimento degli atleti.

Fattori motivazionali (presenti in giovani praticanti discipline sportive individuali o di squadra) sono: competere, acquisire e migliorare le abilità, sentirsi in forma, fare parte di una squadra, stare con gli amici e farsene di nuovi, divertirsi, spendere energia. L’allenatore sportivo dovrebbe essere organizzato in modo da soddisfare il maggior numero delle motivazioni espresse dagli atleti. Compito del tecnico è dare un obiettivo all’atleta che sia impegnativo e nel contempo raggiungibile. L’identificazione degli obiettivi è uno dei punti chiave per stimolare la motivazione e migliorare le prestazioni.

Requisiti e qualità fondamentali dell’allenatore sono: passione, capacità di relazionarsi, personalità equilibrata, sufficiente autostima. L’ascolto è un’altra grande qualità. Saper ascoltare significa poter rispondere a queste domande: che cosa mi sta comunicando, quali sentimenti sta provando, che cosa vorrebbe. Ma come si comporta un buon allenatore. Con interessamento e vicinanza, apprezzamento, fiducia e incoraggiamento, aiuto per risolvere le difficoltà, concorrere alla formazione di un buon senso di auto-efficacia e autostima.

Il bravo tecnico arriva all’allenamento carico di entusiasmo, trasmette sicurezza, affetto, accoglienza, serenità, è munito di enorme pazienza, non rimprovera ma, al contrario, incoraggia e motiva, rinforza i comportamenti positivi. E’una figura sbagliata quando ha bisogno di far vedere chi è che comanda, possiede tutte le idee e le soluzioni e rifiuta quelle degli atleti, perché ha paura che intacchino la sua autorità. Gli allenatori preferiti? Quelli che trasmettono sensazioni positive, rinforzano la prestazione, incoraggiano dopo un errore, danno indicazioni tecniche dopo un errore, sono organizzati, preparati e competenti, utilizzano uno stile autorevole (né autoritario né del lasciar fare). E’ importante sottolineare i comportamenti positivi coi rinforzi come la propria approvazione: "Bravo”, "Bene", e valorizzare ogni progresso per aumentare l’autostima.

L’AUTOMONITORAGGIO DEL TECNICO = Tenere un diario nel quale annotare le proprie riflessioni sugli allenamenti risulterà un valido strumento per trattenere per iscritto quanto è stato svolto. Esempio:
- dopo ogni seduta di allenamento: come l'ho programmata? gli obiettivi sono stati raggiunti? come erano i miei presupposti personali (serenità, voglia di allenare) prima di iniziare? che cosa mi ha messo in difficoltà? come ho affrontato i problemi che si sono presentati? quanto positivi sono stati i miei interventi? quanto ho contribuito al miglioramento della vita di gruppo e dei rapporti interpersonali? Tutte note individuali da ricordare per il futuro.

L’allenatore ha una grande importanza nello sviluppare le motivazioni giuste: graduando le prove con le quali l’atleta deve cimentarsi, trovando le ragioni convincenti per mettere l’atleta ogni volta alla prova, negoziando il raggiungimento di mete sufficientemente (ma non esageratamente) difficili, monitorando i progressi dell’atleta, insegnando a trarre lezioni dagli insuccessi. Allenatore, quindi, uguale Leader, cioè colui che guida gli individui e il gruppo da essi composto fino al raggiungimento degli obiettivi. Deve dimostrare non solo di essere dotato di una serie di competenze tecniche e tattiche, ma anche di saper gestire lo stress causato da situazioni a volte difficili da gestire.

“Allenare è guidare insieme persone con diverse esperienze, talenti, interessi, incoraggiandole ad assumere la responsabilità del loro ruolo, portandole a un continuo miglioramento...” affermano Tom Peters e Nancy Austin. Per essere un buon allenatore è importante sviluppare abilità relazionali. Il leader è capace di influenzare gli altri, di far sì che le sue superiori conoscenze vengano riconosciute. L’allenatore è il punto di riferimento, è lui che prende le decisioni, che si assume le responsabilità di eventuali errori, risponde dei risultati conseguiti. Quando una stagione sta andando male, il primo a pagare è il mister, che viene esonerato.

Ma essere leader formalmente non basta. Dovrebbero essere gli atleti a riconoscergli tale autorità. Il primo passo da compiere allora sarà proprio cercare di conquistarsi la stima e il rispetto dei suoi atleti. Senza una forte coesione e una totale collaborazione fra i membri della squadra, non si potrà mai ottenere alcun risultato importante. Rapportarsi a giocatori professionisti o ragazzi che coltivano lo sport in quanto hobby è sicuramente diverso. E’ fondamentale che l’allenatore analizzi con la massima obiettività le prestazioni fornite dai singoli e dal gruppo, senza dimostrare di avere preferenze o al contrario antipatie personali per qualcuno.

Capacità di mantenere sempre la calma, contatto con la realtà, lucidità nell’esaminare problemi e cercare possibili soluzioni sono parametri con cui trasmetterà la stessa tranquillità anche alla sua squadra, che sarà capace di non esaltarsi oltremisura nelle vittorie e non perdere la fiducia nei momenti di affanno. Il mister non è solo colui che insegna. Affinché possa rimanere sempre aggiornato e in costante progresso deve avere la voglia di apprendere. Essere consapevoli del fatto che c’è sempre qualcosa da imparare da ogni persona e da ogni situazione è il punto di partenza per chi vuole toccare l’eccellenza.

E ora alcuni “stili di leadership”. L’allenatore nel guidare la squadra ha a che fare con caratteri diversi e si trova a contatto con situazioni differenti da gestire. Non sempre può adottare il medesimo comportamento e neppure rapportarsi a tutti con lo stesso tipo di comunicazione. Le modalità di condurre un gruppo possono essere: lo stile autoritario e lo stile cooperativo.
- Stile autoritario: è caratterizzato da un atteggiamento di chiusura del mister in rapporto alle decisioni da prendere. Conduce il gruppo senza tener conto delle opinioni né degli atleti né dei suoi collaboratori. Si sente l’unico responsabile nella direzione della squadra.
- Stile cooperativo: tiene conto anche delle idee dei suoi atleti e dei suoi collaboratori, pur naturalmente arrivando a decidere in modo autonomo.

L’allenatore autoritario punta solo alla vittoria, che viene prima di qualunque altra cosa ed è l’unico obiettivo di cui tenere conto. Non ha alcuna importanza comprendere quale possa essere la psicologia dei suoi atleti, quali le loro motivazioni; preferisce atleti mossi da spinte estrinseche perché più facilmente manipolabili. L’allenatore autoritario crede che il suo compito si esaurisca nel far vincere la squadra. Creare un atleta vincente per chi adotta questo approccio significa solo curare l’ambito sportivo.

Il leader autoritario adotta uno stile centrato sulla vittoria, esercitando il proprio comando sugli atleti e orientandoli unicamente al raggiungimento del risultato richiesto. L’allenatore collaborativo cerca invece di capire i suoi atleti, di conoscere i loro processi psicologici e le loro motivazioni. Per questo motivo predilige giocatori motivati intrinsecamente, perché ha più fiducia nella loro volontà di migliorarsi al fine di ottenere l’obiettivo. Sua caratteristica fondamentale è sapersi mettere in discussione, potendo così modificare in corsa alcuni atteggiamenti, sia personali sia tecnico-tattici, se si rende conto di aver commesso degli errori.

Il leader democratico “collaborativo” si concentra prima di tutto sull’atleta, le sue motivazioni e i suoi bisogni, adotta uno stile cooperativo nella gestione della vita della squadra ed è orientato prima di tutto all’individuo. Un tratto della personalità dal quale particolarmente non si può prescindere se si deve guidare un gruppo è l’empatia: la capacità di assumere come proprio il punto di vista di altri individui, per capire come ognuno percepisce e vive eventi ed emozioni, quella risorsa alla quale l’allenatore può attingere per comprendere interessi e bisogni dei suoi atleti.

Maria Luisa Cabiddu & Matteo Simone


 Redazione

 

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