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11/08/2011

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I PESCHICIANI, FIGLI DI UNA GENERAZIONE PULITA

Clicca per Ingrandire Da vie e straducole secondarie i tantissimi devoti, curiosi e impazienti, si affrettano in corso Garibaldi per vivere tutti insieme il consueto momento irripetibile di commozione collettiva della processione di Sant’Elia (20 luglio, festa patronale a Peschici; ndr). La folla incredula dei turisti, lenta, curiosa e scomposta, osserva con stupore e meraviglia la scenografia di luci e colori che inevitabilmente stimola in tutti anche la scintilla più sommersa della fede. Il fiume umano ricomposto si muove accompagnato dai suoni della Banda comunale.

Al grido deciso ma sommesso del priore della confraternita … “Patrenostro” … la processione avanza mentre, quando gesticolando verso i portantini delle statue, dice sempre in peschiciano … “Avamari” … il fiume umano straripante e travolgente della processione rallenta, poi si blocca. Ora sono qui, proprio davanti a me. La statua di Sant Elia, il nostro grande Santo protettore, si è fermata e io in piedi, al margine del marciapiede - mentre le autorità religiose, civili e militari si ricompongono nei vari settori e si equidistanziano, - guardando implorante il Volto del Santo, farfuglio in silenzio qualche preghiera.

Sono distratto però da tutto lo scenario suggestivo dell’apparato “semplificato” dell’Amministrazione comunale. Osservo con attenzione e considero che tutti i membri della giunta manifestano, col loro incedere modesto, da un lato la dignitosa trasparenza di una coscienza pulita, dall’altro la sofferenza “passata ma non trascorsa”, anzi direi resa ancora più grave, per l’accanimento nei loro confronti degli ora avversari politici, ma un tempo, e lo so di certo, carissimi amici d’infanzia e orizzonti condivisi.

Tutto ciò, “in primis” sotto i miei occhi, è espresso dall’incedere della signora del primo cittadino che avanza con classe, eleganza e semplicità ma, mi pare di leggere, anche con l’indignazione di chi non riesca ancora a placarsi. Indubbiamente, nel suo portamento vi è ancora tutta la rabbia, l’umiliazione e la mortificazione subite per la detenzione del suo fedele compagno di vita e dei suoi più stretti amici e collaboratori durante il periodo natalizio. Nei miei voli pindarici, mossi da queste considerazioni, mi sembra di rivedere la scena del film “Il gladiatore”, quando la figlia dell’imperatore Marc’Aurelio manifesta dinanzi all’arena, con sguardo fiero, la supremazia della dignità umana sull’abbrutimento di chi è mosso da veleni di diavoli senza scrupoli.

Noto infatti che nel frattempo si sono schierati ai bordi della strada anche coloro che si prendono la briga di “osservare con attenzione”, che aspettano con sorriso sarcastico il loro passaggio (i delinquenti comuni, i seminatori di zizzanie, “i rappresentanti delle patrie galere”, “gli untori di peste”), coloro che hanno riempito di obbrobri la nostra amara e amata terra, mortificata dalle speculazioni forsennate, causa di ogni disastro morale, incendi e calamità naturali. Scosso dalla voce del priore che grida di nuovo nel misto italiano-latino-peschiciano … “Patrenostro” … vedo che il fiume umano ricomposto si muove.

Il mio sguardo torna a incrociare quello della moglie del sindaco. Nella sua compostezza avverto una forza positiva e rabbiosa che trasmette telepaticamente una voce chiara e decisa, che dice a tutti: “Guardateci, osservateci attentamente, nonostante tutto siamo sempre noi, I PESCHICIANI, ci sentiamo ancora figli di una generazione pulita che ha avuto antenati semplici e onesti, siamo gli eredi di una moralità che trasuda ancora negli spazi e nelle architetture dei vicoli della Porta di Basso, siamo i portatori di una bellezza d’animo che sorprende ancora nella vista del paese da Monte Pucci”.

Sulla bella processione si diffonde silenziosa e telepatica la predica più bella e convincente, e quando la fiumana umana dopo essere straripata dappertutto scompare alla Porta del Ponte fra luci, musica e colori, mi pare di vedere tutti i peschiciani che alla spicciolata vanno in Chiesa Madre, per deporre e salutare il nostro Protettore, e di sentire le loro voci. Odo tanti che Gli chiedono, con me: “Amato Sant’Elia, salva la nostra Peschici, salvaguarda le nostre famiglie, fa che possiamo rivivere una nuova era di fratellanza, di amore e di pace”!

Riprendo la via di casa mentre la festa continua con tante varietà, movenze e fuochi d’artificio mirabolanti, ma a me non resta che dire col Salmista: ”Miserere nostri, Domine, miserere nostri” e poi ritirarmi nelle mie stanze ad ascoltare, quietato, la voce fragorosamente assordante del silenzio.

Un osservatore

 Redazione (foto Leonardo Biscotti)

 

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