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07/08/2011

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LA POESIA CERCA AMANTI

Clicca per Ingrandire La ricercatrice Teresa Maria Rauzino ci segnala “Versi e canti diversi” (foto del titolo, la cover; ndr), raccolta di poesie - scritte da Matteo Vocino nei momenti più intensi della sua lotta quotidiana per la vita segnata dalla distrofia muscolare ‘Duchenne’ - dedicata ai genitori e agli amanti o semplici ‘degustatori’ di Poesia, perché “la poesia non cerca seguaci, cerca amanti (Federico García Lorca)”. Il quotidiano l’Attacco pubblica un intervento dell’Autore, noto su facebook come Matthew Littlevoice, e in anteprima alcune liriche tratte dal libro.

L’evento "Disegni e versi... diversi", che prevede l’inaugurazione della Mostra di Pittura e la presentazione della silloge di Vocino, si è svolto ieri 6 agosto a San Nicandro Garganico nel Palazzo Zaccagnino di Corso Garibaldi, in collaborazione e col contributo dell'Assessorato a Cultura e Pubblica Istruzione del locale Comune guidato dal soprano Rosa Ricciotti. Scrive Vocino: “Sono nato il 5 febbraio 1973, dopo venti giorni di ritardo, a San Severo. Ho 38 anni. Risiedo a San Nicandro Garganico in provincia di Foggia, nel Gargano, con i miei genitori. A 2 anni si manifestarono le prime avvisaglie della mia bastarda malattia, che già aveva messo radici nel mio corpo e nei miei genitori aveva innescato seri motivi di preoccupazione che non svanivano ma aumentavano col passare del tempo.

“Le differenze erano notevoli e più che evidenti rispetto agli altri bambini, visto che non camminavo e non correvo bene. Avevo infatti la tipica andatura anserina - cioè come una papera - e una crescente cifosi (curvatura concava anteriore della colonna vertebrale). Non solo. Quando dovevo alzarmi dalle frequenti cadute facevo molta fatica, impiegavo più tempo e avevo sempre bisogno di un appoggio per sollevarmi da terra oppure dell’aiuto di qualcuno.

“Spesso gli amici e i compagni di classe mi facevano volentieri da gru per tirarmi su… Dopo varie e dolorose peripezie mediche, nel 1978, al Gaslini di Genova, la diagnosi-sentenza fu distrofia muscolare Duchenne! A 9 anni non avrei più deambulato, avrei utilizzato una sedia a rotelle, con altri problemi connessi alla progressiva distruzione dei muscoli con l’avanzare dell’età. Per i miei genitori e non solo, fu un duro colpo, difficile da accettare.

“Con grandi speranze e l’illusione di trovare una cura possibile, girovagammo per l'Italia (e una capatina anche in Germania) da vari medici, erboristi, agopuntori, santoni e millantatori di ogni risma. Alla fine ci arrendemmo, per non subire oltre al danno anche la beffa da gente ignobile e senza scrupoli. A 9 anni come previsto, un bruttissimo giorno, dopo la ginnastica scolastica, non riuscii più a stare in piedi e la maestra e il bidello mi portarono in classe con la sedia normale, tra pianto e rabbia. In 5ª elementare, la maestra supplementare mi convinse a utilizzare la sedia a rotelle che fino allora rifiutavo categoricamente. Com'era ovvio.

“Fu un momento particolare quando dovetti giocoforza accettare quella nuova realtà, dura ma necessaria, perché in quel periodo, nel 1984, anche il mio terzo fratello di sette anni, a causa della talassemia, dovette fare il trapianto di midollo osseo dopo anni di trasfusioni. Io restai a casa con gli altri due fratelli, mio padre, i miei nonni e la sorella di mia nonna e mia zia. Mia madre, con la mascherina e coperta dalla testa ai piedi, restò invece accanto a mio fratello per accudirlo, rinchiusi entrambi nella stanza sterile per circa tre mesi! Spesso la vita sa essere molto perfida! Grazie a Dio oggi mio fratello è guarito e gode ottima salute!

“Dal 1984 al 1987, dovendo rinunciare con dolore a frequentare il plesso dove si erano iscritti tutti i miei compagni delle elementari per l’intollerabile presenza di barriere architettoniche, feci le scuole medie inferiori alla fatiscente e pericolante "Michele Vocino" e alla "Sant'Agostino" prima, e alla "Giacomo Matteotti" dopo, in una classe di soli maschi, ahimè, di altre classi: la terribile e scalmanata classe G. Formazione scarsa perché c'era ricambio continuo di prof e supplenti, frequenti liti tra alunni e poca voglia di studiare.

“A quei tempi, sia la musica sia il disegno non mi piacevano affatto, anche se c’erano stati timidissimi approcci all’arte, con discreti risultati. Non mi piaceva neanche cantare, né a casa né in chiesa, quando e per quello che potevo. Odiavo perfino le canzoni e i cantanti. Mi diplomai con buono, e per via delle stramaledette barriere architettoniche al L.S, L.A, ITC, frequentai il Ginnasio (vicino casa e a piano terra) ma solo un giorno! Mi ritirai definitivamente dalla scuola, restando solo in compagnia dei miei pensieri; i contatti con gli amici si diradarono per annullarsi (quasi) del tutto, anche perché potevo uscire più d'estate che d'inverno, per via del freddo e delle strade dissestate.

“Furono anni ‘terribili’. Volente o nolente, mi feci più del solito timido e introverso, triste, apatico. A 16 anni, a causa (e non solo) di amicizie interrotte con alcune ragazze di 2-3 anni più piccole di me, sprofondai in una terribile crisi esistenziale. Ancora più di prima entrai in conflitto con me stesso, mi chiusi a riccio, imparando a odiare tenacemente il mio corpo e crogiolandomi in continui pensieri suicidi, che una sera d’estate mi ero deciso di mettere in pratica. Grazie a Dio però, un barlume di lucidità illuminò la mia anima ed evitai di commettere un irreparabile e folle errore!

“Per non sentire l’oppressione del disagio e l’ingerenza dell’angoscia, mi tuffai in un ascolto assiduo di musica ‘a palla’: i mitici CCCP, Litfiba, Rem, The Cure, solo per citare alcuni di quelli più in voga negli anni ’80. Ma la situazione, purtroppo, invece di migliorare peggiorava sempre più, senza soluzioni di continuità. Mi rifugiai come ultima chance nella fede in Dio. Sicuramente fu la mia ancora di salvezza e un bene assoluto, come un passaggio necessario della vita. Fu allora che, come autodidatta, scoprendo la passione artistica sepolta in me, con sacrificio e fatica cominciai a disegnare e dipingere su carta, cartone e in seguito su cartone telato.

“Nel 1991 e 1995, allestii due mostre con un discreto risultato. A fine agosto del 1995 una pesante bronco-polmonite non curata bene a casa, mi costrinse a un lungo mese di ricovero nell’ospedale "Casa Sollievo della Sofferenza" (San Giovanni Rotondo; ndr), dove ritornai altre due volte per la stessa malattia, nella stessa stanza e nello stesso letto, come se avessi avuto un appuntamento dal destino!

“Il 1997, a seguito di una ennesima bronchite influenzale, dimesso dopo due giorni da "Casa Sollievo" (che per me non si dimostrò tale), mi ricoverai al reparto di fisiopatologia respiratoria a Padova, quasi in crisi respiratoria. Dopo venti giorni tornai a casa con un ventilatore-respiratore che, tramite maschera nasale (foto 1 sotto), avrei utilizzato per dodici ore al dì, fino a 20-24 ore. In pratica una vitale, inevitabile schiavitù che avrebbe mortificato, stravolto ulteriormente la mia esistenza e non solo. Così aggravandosi la distrofia, a malincuore rinunciai a dipingere, a disegnare.

“Dal 1997 vivo recluso in casa, con limitati rapporti sociali, uscendo solo nelle belle giornate per evitare freddo e malattie respiratorie deleterie per chi, come me, è affetto da questa patologia. Dal 2002 al 2004, come ripiego coatto, ma grazie a una inspirazione migliore e all'affetto di una carissima amica ritrovata, buttai giù i primi testi. Mancava solo la musica, per dare uno spessore maggiore…

“Come accade per la maggior parte delle cose della vita, ci sono incontri, percorsi confluenti e inaspettati forse del tutto casuali, che uno non starebbe mai a immaginare. Così seppi che due carissimi amici, Michele Solimando e Giuseppe Di Tullio, in collaborazione con Antonio Torella, stavano allestendo un musical sul Santo di Assisi, ‘La dolce pazzia’. Contattai subito Michele (che successivamente si rivolse all'istrionico Antonio Torella, avendo anche gli strumenti necessari per fare musica e registrare… e il cerchio si chiuse) consegnandogli i primi due testi ‘L'ultimo addio’ e ‘Il Gabbiano (Voglio volare)’.

“Con tutta la loro passione e l'amorevole dedizione, in nome dell'amicizia e della stima reciproca (impegni a parte), avvalorarono e rivestirono di quella patina essenziale di voce, musica e poesia, con cui talvolta sono fatti i sogni, le mie modeste parole, venute alla luce dopo tantissime faticose traversie e una lunga gestazione, dallo spazio interiore alla realtà del mondo, conferendo loro una maggiore e intensa plasticità vibrante.

“Da lì, poi, arrivarono gli altri testi e musiche che nello spazio di due anni sono diventati un cd. Il ricavato della vendita, tolte le spese, è stato devoluto in beneficenza a Telethon, per la ricerca sulle malattie neuromuscolari e genetiche. Il 2007 scrissi e pubblicai a mie spese (cento copie in tutto), una raccolta di aforismi dal titolo ‘Aforismi - meno - seri e - più - semiseri sul cervello e dintorni’, corredata da alcune mie vignette, in cui prendo di mira anche alcuni politici, vip e non solo, in modo bonario (spero che non mi facciano causa!).

“Adesso ascolto musica, continuo a scrivere testi, poesie, racconti thriller-horror, racconti di vita, leggo, navigo su internet, chatto, sono presente su facebook e soprattutto, mi dedico al computer alternandomi a disegnare con paint e fare disegni per t-shirt. Ultimamente mi sto dedicando alla stesura di una sceneggiatura per un cortometraggio e alla scrittura di tre libri, su disparati argomenti, poesia, ‘colmi’ e racconti thriller.

“Edito da Publigrafic, ‘Versi e canti diversi’ è la mia prima, e spero non ultima, raccolta di poesie scritte nell’arco di un ventennio circa, a partire dagli anni novanta fino ai giorni nostri, 2011. Naturalmente il presente volume è il frutto di una doverosa e certo non semplice selezione fra tante poesie, scritte in questo lasso di tempo, quelle che per me sono più care e importanti, seppure conservo un affetto e un legame verso tutte le composizioni.

“A questo punto, giusto per sgombrare il campo da ogni possibile dubbio, è mio dovere sottolineare che il titolo del mio libro non ha nulla di riferimento né alla diversità in senso stretto, né tantomeno al mio attuale stato di salute fisica, che credo non si noti poi così tanto… A parte gli scherzi, il titolo in realtà qualifica la natura del contenuto stesso del libro, cioè un articolato mosaico di poesie formato da tessere dai differenti temi in esso presenti, appunto… diversi. Inoltre ho voluto giocare, dal punto di vista grammaticale, non solo sull’assonanza fonica della rima ‘versi-diversi’, bensì anche su una sorta di duplice significato delle parole ‘canti diversi’, che dividono in due sezioni (parti) distinte il volume.

Matteo Vocino


l'Attacco - 3 agosto 2011


Lirica tratta dalla silloge di Matteo Vocino “Versi E Canti Diversi”.

NON ESISTE SOLO LA DISTROFIA

Non esiste solo la distrofia,
l'essenza di una malattia.

C’è il pianeta dell’affettività,
il pianeta della sessualità,
delle voglie e dei desideri,
che orbitano vivi e accesi,
aperti e intimamente nascosti,
nel mio piccolo universo,
di cuore e di pensieri,
così liberi e monotoni,
così astratti e prigionieri,
che puntellano i miei giorni
e che offro alla vita di mai.

Non c’è posto per lacrime inutili,
per riempire solo sguardi di sogni futili,
ma in ogni istante nella realtà da vivere,
bisogna sempre scegliere di esistere,
inciampando, cadendo, sbagliando,
amando, scherzando, ridendo, lottando,
come il peggio di me che voglio fare,
nell’attimo eterno che leggero scompare via.

 l’Attacco + Redazione

 

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