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25/10/2010

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DENARO PUBBLICO SPERPERATO PER PURE SCIOCCHEZZE

Clicca per Ingrandire La “malasanità” non è solo quella che si verifica negli ospedali, dove i medici bisticciano o se le danno di santa ragione in sala operatoria, in sala parto o altrove, dove gli infermieri staccano la spina per aiutare a morire chi non vuol più vivere, eccetera eccetera. La malasanità è una malattia che nasce a monte (come la puzza che proviene dalla testa del pesce) e, al contrario di una corrente d’acqua limpida, è come fiume che tutto appesta e tutto fa degradare e morire. Perfino la finanza! La finanza che è la risultanza di tutti i balzelli, tutte le tasse che il governo appioppa sulla groppa dei cittadini (quelli onesti, intendo, gli altri se ne fregano altamente di stare alle regole, specialmente perché, per proprio tornaconto, fingono di non ritenerle adeguate, eque, giuste… ma, in questo, proprio torto non hanno) e i cui proventi dovrebbero poi essere utilizzati per dispensare servizi.

Ora, quale servizio si rende alla società, ai cittadini, presi uno per uno, quando il denaro pubblico viene sperperato per pure sciocchezze? A questa domanda dovrebbero rispondere, solidalmente, sia il ministro della Sanità, sia quello delle Finanze (e del Benessere, pomposamente tradotto Welfare in inglese… forse perché suona meglio, dà più all’orecchio, quando la parola è sentita, e all’occhio quando viene letta da chi conosce l’inglese?).

Stanno pervenendo, non solo alla mia, ma a tutte le famiglie italiane, le nuove tessere sanitarie. Io (ma ho il fondato dubbio di non essere solo) non capisco il perché. La tessera inizialmente inviata ai cittadini riporta, come tutti sappiamo da quattro anni a questa parte, i dati anagrafici del singolo assistito, il suo numero di codice fiscale (di cui, in verità, non si fa uso secondo le sue potenzialità: basterebbe aggiungervi una foto e diverrebbe un documento di riconoscimento universale) e una “data di scadenza”. Che significa “data di scadenza”: che dopo quattro anni il cittadino, se non viene munito di un’altra tessera con diversa scadenza, cessa dal diritto all’assistenza sanitaria? La cessazione da tale diritto, se il cittadino non cambia cittadinanza, non coincide col giorno estremo della sua vita, quello della morte?

E allora, perché è stata concepita una tessera siffatta, che deve necessariamente essere ristampata con tutti i dati identici, meno quelli riferiti alla data di scadenza? Quanto costa al contribuente una tessera? Quanto costano gli oltre sessanta milioni di tessere stampate e spedite a destinazione (con carta, stampa, buste) ogni quattro anni? Non sarebbe stato più logico, oltre che “non-dispendioso” (tranne che per i fondi occorrenti per la prima e unica volta), stampare la tessera senza alcuna data di scadenza? Chi ha mancato di opportuna riflessione? Chi ha fatto in malo modo i conti in tasca agli italiani? Si può fermare questo interminabile fiume di tessere, che saranno emesse in futuro per generazioni e generazioni, per chi è scontato che essendo cittadino avrà per tutta la vita diritto all’assistenza sanitaria?

Io penso di sì! Basterebbe che con decreto ministeriale (penso) si stabilisca di depennare la data di scadenza stampata sulla tessera in possesso di ciascun cittadino, emettendo ‘una tantum’, per ogni nuova nascita, una tessera senza data di scadenza e il gioco è fatto. Con tanto, tantissimo risparmio di tempo (pur esso traducibile in denaro visto che “il tempo è oro”), di carta (comunicazioni e buste per l’invio delle tessere agli aventi diritto), di plastica (sebbene riciclabile) e, tout court, di soldi, che potrebbero invece essere utilizzati in modo migliore, sia nella stessa Sanità (continuamente taglieggiata) sia, per esempio, nella ricerca scientifica in generale, ormai quasi senza fondi, nell’università, nella scuola!

E mentre piango per questo grave sciupìo di risorse, mentre tutti piangiamo perché i nostri soldi non bastano a farci condurre una vita decorosa (e per le famiglie più povere finiscono, quando ne hanno, alla prima metà del mese), ecco che viene fuori la voce di un libro sui “Due Anni di Buongoverno” (del governo in carica, s’intende!) il cui massimo esponente ha in mente di voler inviare, in dieci milioni di copie, a tutti gli italiani! Quanto costa questa colossale impresa, chi ne paga il conto? Forse il Capo del Governo, forse i suoi ministri, ciascuno dalle proprie tasche? Se non costasse gravi sacrifici per le tasche dei poveri cittadini italiani, occorrerebbe che qualcuno si preoccupi di pubblicare, come contraltare, un altro libro sul… “Malgoverno del Bienno”!

Vincenzo Campobasso


 Redazione (vignetta di Luigi Alfieri)

 

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