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24/05/2008

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Nel primo Novecento, i delfini, presenti in quantità enorme nel mare di Peschici, disturbavano la pesca

Clicca per Ingrandire Quando i delfini apparivano nelle acqua del Gargano Nord suscitavano timori, erano considerati una vera e propria iattura. Erano una delle cause che spingevano la popolazione ad emigrare. Lo testimonia una lettera, che 69 braccianti e pescatori disoccupati di Peschici inviarono in data 29 ottobre 1935 al Duce:

«A S.E. Benito Mussolini
I sotto elencati cittadini di Peschici, con rispettosa divozione, rapportano a V.E. quanto segue:
Essi appartengono tutti alla categoria dei braccianti poveri, che vivono col solo lavoro delle proprie braccia, aventi quasi tutti famiglia più o meno numerosa ed a proprio carico. I lavori nei quali essi impiegano più comunemente l’opera loro quotidiana sono quelli per la raccolta delle olive, che in questo comune è il prodotto che offre il maggior lavoro dall’autunno alla primavera; ma quest’anno tale rendita, poiché il prodotto è biennale, è scarsa.
Gran parte dei reclamanti si dedica qua e là pure alla pesca littoranea del pesce mugino, con reti a strascico o fisse, ma da due anni, specie per la chiusura delle foci del Varano tale pesca, che era in certo qual modo rimunerativa, è divenuta quasi del tutto passiva: nonché alla pesca delle sardelle, la quale, se ancora potrebbe dare mediocri rimunerazioni, è disturbata e seriamente ostacolata da enorme quantità di delfini, stabilitasi in questo settore del nostro Adriatico, ove tale pesca si esegue, che a fitti battaglioni assalgono le reti quando in esse si trova imprigionato la massa del pesce e strappano avidamente coi loro morsi reti e pesce, cagionando danni rilevanti e tali, da rinunziare alla stessa pesca.
Questo anno poi non è consentito neppure il raccattare taluni prodotti dei nostri boschi, come diverse qualità di funghi, di lumache ed altri frutti boscaioli e di prati, poiché la persistente siccita ci nega anche tali risorse, per quanto di misero ricavo (…). In così eccezionale stato di fatto, in cui si trovano i derelitti supplicanti, invocano dall’E.V. un qualche provvedimento, che possa tornare di sollievo a noi poveri onesti braccianti, procurando un mezzo onde offrire lavoro con modeste ed oneste retribuzioni, che ci renda più calmi e meno preoccupati nella rude prospettiva di veder mancare il pane alle nostre innocenti prole».

Alla fine della lettera si faceva notare, da parte dei sessantanove supplicanti, che molti di essi avevano presentato domanda come volontari per l’Africa Orientale.

TERESA RAUZINO


 Redazione

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 08/12/2013 -- 03:16:11 -- Fernando Antonio

Sarà una coincidenza con quanto vado affermando da tempo? Mi riferisco al fatto che da tempo cerco di sollecitare l'interesse sull'emigrazione in massa in quegli anni, di cittadini di Ischitella, verso i paesi dell'alto Tavoliere e di là per siti più lontani. a San Paolo di Civitate ne arrivarono un centinaio di famiglie, costruendo un intero nuovo quartiere e condizionando pesantemente il dialetto del paese al punto che, ancora oggi, il sampaolese è del tutto simile all'ischitellano. sui delfini vorrei solo dire che forse ci avvisavano che stavamo depredando loro e il "nostro" mare.

-- 09/12/2013 -- 17:51:25 -- vincenzo

Non capisco che nesso ci sia tra la presenza dei delfini davanti a Peschici e l'esodo degli ischitellani verso San Paolo di Civitate (dove non mi pare proprio che il dialetto sia come quello ischitellano), come affermato da Antonio Fernando. Quanto ai delfini, non c'è bisogno di andare tanto addietro nel tempo; durante la 2^ guerra mondiale e dopo, seduto sul terrazzo della ex Caserma del 10° Btg - detta BATTERIA dai rodiani - vedevo delfini a frotte. Che io sappia, nessun pescatore si lamentava. Quando ne catturavano qualcuno, ne facevano PEMMICAM. E, alla prima Sagra dell'arancia, uno ne fu messo in mostra, nell'angolo di Piazza Garibaldi, dove si trova, ora, la PRO-RODI. Non metto in dubbio che, nel primo novecento, come testimoniato dalla prof.ssa Teresa Rauzino, disturbassero la pesca. Erano altri tempi; adesso, avvistarne uno è come prendere almeno un terno al lotto! Era meglio prima od adesso?

 
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