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07/10/2010

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“CAPATOSTA”: IMPERDIBILE RISTAMPA

Clicca per Ingrandire Ripubblicato da Besa, è uscito in questi giorni in libreria il romanzo "Capatosta" di Beppe Lopez. "Il più recente 'classico' della narrativa meridionale rivisto e corretto dall'autore in occasione del decennale della sua prima edizione". Nella post-fazione - "Piccolo viaggio critico attorno a Capatosta" - si legge fra l'altro: “A dieci anni esatti dal suo esordio nelle librerie italiane - dal suo immediato successo commerciale e dalla straordinaria accoglienza ricevuta da critici e storici della letteratura - il folgorante romanzo di esordio di Beppe Lopez è ormai stabilmente considerato un classico della letteratura meridionale e, per il suo contenuto e la sua ‘forma’, uno dei più interessanti testi della narrativa italiana contemporanea”.

Per descrivere la forza della lingua e l’originalità della storia raccontata in “Capatosta” si è fatto ricorso a una impegnativa serie di riferimenti storici: da “I Malavoglia” di Giovanni Verga a “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” di Carlo Emilio Gadda, dalle periferie romane di Pier Paolo Pasolini allo Stefano d’Arrigo di “Orcynus Orca”, da “Ninfa plebea” di Domenico Rea a Luigi Meneghello e alla sua epopea di “Libera nos a malo”, dalle storie e dalla lingua siciliane di Andrea Camilleri all’umanità dolente dei vicoli del Cairo descritta da Nagib Mafhuz, dall’uso colto del dialetto nel cinquecentesco “Cunto de li cunti” di Giambattista Basile alla “metropoli” di Eduardo, Prisco, Rea e Marotta; dai “Fuochi del Basento” di Raffaele Nigro ai versi lucani di Albino Pietro, sino a Dickens, a Dostoevskij, al ventre di Parigi di Victor Hugo, ad Antigone e a Psiche...

In realtà “Capatosta”, che non si limita a riproporre la pur strategica questione del rapporto fra subalternità sociale e letteratura, né si propone solo come romanzo “di identità e di riscatto”, è entrato di prepotenza nella letteratura italiana per una serie di motivi, riassumibili in quattro:

1. la storia è scritta in un linguaggio mai usato prima, un impasto di italiano e dialetto centro-meridionale nella versione barese, storicamente privo di “tradizioni letterarie”. E contrariamente ai più recenti casi di ricorso alle lingue regionali - per non far nomi, Camilleri - non tratta una materia leggera né fa la caricatura di cose gravi, ma riporta la vita nella complessità dei suoi registri, compreso quello tragico;
2. la storia è ambientata in un mondo mai descritto, in un’Italia mai raccontata, in un Sud né contadino né borghese, né operaio né cittadino, né magico né metropolitano;
3. i personaggi - che non hanno avuto mai voce nella storia e quasi per niente nella letteratura italiana - e le vicende narrate sono pressoché privi di “valori”, di consapevolezza culturale, di “politicità”, di introspezione interiore o di espliciti collegamenti con la storia del Paese o comunque con quella che passa per essere stata ed essere la storia collettiva italiana e meridionale;
4. la figura della protagonista, Iangiuasand’, come pure è stato detto, risulta comunque, in assoluto, “uno dei ritratti femminili più belli della narrativa italiana”.

“Capatosta” è nelle librerie di tutta Italia il 19 settembre del 2000 edito da Mondadori. “Raccontata con una lingua di prorompente vigore, intarsiata con raffinatezza da un dialetto espressivo e scontroso, celebrata nella sua grandezza non meno che nei suoi difetti e nei suoi limiti” - si legge nel risvolto di copertina - la protagonista Iangiuasand’ “attinge una dimensione di assoluta memorabilità”.

Anche Lopez, come Rea, è autodidatta (pur avendo alle spalle poco meno di un quarantennio di scrittura e di lavoro giornalistico). Anche qui, come in Rea, ci sono l’ostinato attaccamento e praticamente l’identificazione con un mondo, insieme, feroce e sublime, alto e basso, misero e nobile. “Fosse viva ancora Anna Magnani - si legge nella scheda con la quale l’Ansa presenta il romanzo - il personaggio di Iangiuasand’ non glielo toglierebbe nessuno”.



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