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06/09/2010

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“VENDEMMIA ANTICA”

Clicca per Ingrandire Sorgono e si ergono da lussureggianti grappoli d’uva, quasi esalazioni bacchiche inebrianti e ubriacanti, cercando spazio in un enorme tino, i forti polpacci di maschi pigiatori. E’ il focus dell’ultima “sanguigna” (foto 2 sotto; ndr) di Lidia Croce (foto del titolo, accanto a un altro suo lavoro), in esposizione prossimamente nella Corte e nelle Antiche Sale del peschiciano “Palazzo della Torre” (Via Colombo, 29) con altre opere (foto 3-4) della pittrice-scultrice ormai peschiciana d’adozione e senese di residenza.

Rappresentazione di una delle centinaia, migliaia di scene appartenenti alla civiltà contadina ormai smarrite nella memoria di pochi anziani, la tela non si limita a riprodurla, anche se didascalicamente, ma viaggia ovviamente al di là, come nel miglior stile e nella migliore delle tradizioni dell’artista: la ricerca, cioè, di pathos in tutto ciò che la ammalia, l’affascina, la avvince, la intriga, stimolando le sue emotività e la sensibilità che possiede ridondante.

Ciascuno dei protagonisti raffigurati - e sono tanti, corpi nudi tesi alla produzione del nettare degli dei e pronti a liberare le coscienze dagli orpelli della quotidianità - manifesta una propria vitalità reattiva all’evento. Dai volti di ognuno traspaiono concentrazione, fatica, “trance”, voglia quasi diabolica di assaporare i succulenti acini, desiderio incessante di perseverare nella ricerca di quella “joie de vivre” che anche una semplice quanto pragmatica spremitura nasconde nelle sue pieghe più profonde. Ecco il pathos, sofferenza ed emozione insieme, mai distinte, l’una propedeutica e complementare all’altra, due forze che si compenetrano e regolano l'anima dei pigiatori, in particolare la sua area irrazionale.

Curioso notare come in quest’opera la spirale pathos (“forza emotiva” congeniale alla Croce)–tema prescelto (la pigiatura dell’uva) non si protragga all’infinito, ma abbia un termine. La “forza emotiva” - che promana aggressiva e prepotente dalla raffigurazione - era infatti strettamente collegata dagli antichi Greci ai riti misterici e quindi alle realtà rivenienti da Dioniso, che presso i Romani diventa Bacco, dio del vino e della vendemmia… E il cerchio è chiuso, la spirale lentamente si svolge e ricongiunge i suoi estremi.

A margine di tutto ciò, nell’angolo basso a sinistra, un fanciullino pronto a richiamare quella voce, di pascoliana memoria, nascosta nel profondo di ciascuno di noi; fanciullino cui sono affidati l’eredità di una cultura e il testimone della tradizione. Anche se poi i tempi tecnologici li bruceranno sull’altare delle macchine e dell’ingegneria al servizio dell’uomo. Eppure, ne resta inequivocabile quanto inossidabile traccia nell’immaginario collettivo che non muore mai.

Piero Giannini

 Redazione

 

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