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01/07/2010

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AUTO ELETTRICA: SARÀ LA VOLTA BUONA?

Clicca per Ingrandire Sono ormai molti mesi che si sente sempre più parlare di auto elettriche. In diverse città italiane si stanno avviando sperimentazioni e progetti pilota (Roma, Milano e Pisa sono le prime); grande eco ha avuto l’iniziativa - fortemente voluta dal sindaco di Parigi - di car sharing con ben 3mila vetture elettriche; quasi tutte le case automobilistiche ci tengono a informare che a breve avranno in listino uno o più modelli elettrici e questi ultimi spesso sono già inclusi nei piani di comunicazione di più di una utility.

In verità, però, non è la prima volta che la trasformazione epocale viene data per imminente per poi, in silenzio, cadere nel dimenticatoio. L’ultima negli anni ’90 - iniziata col progetto sperimentale della cittadina (anche allora) francese di La Rochelle - portò a oltre 10mila esemplari prodotti. Il listino di Quattroruote aveva addirittura una pagina specifica che nel marzo 2001 contava 7 case produttrici per 9 modelli. Qualcuno ricorderà il lancio della Panda Elettra, la prima auto a essere messa in vendita da una grande casa, proprio nel 1990.

Le autovetture elettriche di allora, però, non erano in grado di reggere il confronto con modelli convenzionali da cui, inevitabilmente, derivavano: prezzo più che doppio, autonomia e velocità massima che ne rendevano un azzardo qualsiasi utilizzo al di fuori di un contesto urbano, abitabilità spesso dimezzata per ospitare le ingombranti batterie. Cosa è cambiato? Perché, dunque, questa potrebbe essere la volta buona? Al di là dei miglioramenti tecnologici dei sistemi di accumulo (in particolare, batterie di nuova generazione) e delle economie di apprendimento conseguite negli ambiti dell’elettronica di consumo, della telematica e delle vetture ibride (sempre più numerose nei listini), le motivazioni principali possono essere sostanzialmente ricondotte a due.

Da un lato, l’imposizione, specie in ambito urbano, di limiti di emissione e di circolazione sempre più stringenti; dall’altro, la consapevolezza di mercati sempre più maturi, ormai di sovrapproduzione - naturalmente ci riferiamo ai paesi più sviluppati, dove il tasso di sostituzione dei veicoli ben difficilmente potrà essere ulteriormente aumentato. Non va poi trascurato che il mercato dell’auto, pur caratterizzato da un livello di concorrenza notevole, negli ultimi anni ha registrato il continuo aumento di alleanze e accordi industriali tra le case automobilistiche che, per ridurre i costi e coprire tutti i segmenti, condividono numerosi componenti - dalle piattaforme ai propulsori - e ormai interi stabilimenti.

In questi vengono prodotte city car che, quando non sono abilmente differenziate, variano solo per marchio e pochi particolari. E non è certo un caso se le ultime partnership includono specifici accordi su veicoli elettrici. A ciò va aggiunto che nell’auto elettrica, e nella relativa componentistica, si stanno impegnando grandi aziende che fino ad oggi poco o nulla avevano avuto a che fare con l’ automotive (branca del disegno industriale che si occupa della progettazione di veicoli nel senso più esteso del termine; ndr), il cui ingresso è agevolato anche dall’approccio verso prodotti con architetture modulari, più o meno open, adottato da alcuni costruttori asiatici, cinesi in testa.

Le iniziative di piccoli produttori innovatori non sono né passate inosservate, né giudicate poco profittevoli, visto che le grandi case ne stanno acquisendo quote; l’esempio della Tesla Motors è, mai come in questo caso, lampante. Inoltre, proprio nei paesi a elevate potenzialità di crescita (Cina, India e Russia in particolare), dove le capitali e gran parte dei centri maggiori sono già fin troppo congestionati e inquinati, le auto elettriche “rischiano” di essere incluse tra le opzioni iniziali di una motorizzazione davvero di massa.

Va tenuto anche in conto di come il contesto sia mutato rispetto a 10-15 anni fa. Oltre al numero degli stakeholder (soggetti "portatori di interessi" nei confronti di un'iniziativa economica; ndr) notevolmente aumentato, non va dimenticato che gli alti prezzi del petrolio e dei carburanti (e la loro percezione) degli ultimi anni non sono stati indolori mettendo, fra le altre cose, benzina e gasolio di nuovo, e sempre più, tra i nemici da combattere, e, complici le emissioni, hanno contribuito a rendere l’utilizzo dell’auto sempre più “criminalizzabile”. Per di più, in passato mai si era manifestato un interesse paragonabile all’attuale da parte non solo di chi fattura l’energia elettrica, chiaramente interessato al proprio mercato captive (terreno di caccia esclusivo di un'azienda; ndr), ma dell’intero settore.

In tema di contesti e criminalizzazioni, l’ultima, ma non meno importante, notazione è per gli Stati Uniti dove la marea nera e l’incompetenza di Bp stanno spingendo la Clean Energy, in cui l’auto elettrica giocoforza è inserita. Certo, limiti e ostacoli sono ancora tanti (dal costo delle batterie alle infrastrutture per la ricarica), ma per la prima volta la strada dell’auto elettrica, indubbiamente lunga e tortuosa, se non in discesa non pare poi così in salita.

Antonio Sileo

 agienergia.it/

 

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