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06/05/2008

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A margine della sagra delle arance di Rodi Garganico

Clicca per Ingrandire A margine della sagra delle arance con cui Rodi G.co ha reso omaggio sabato 3 alla sua Oasi Agrumaria, abbiamo recuperato un illuminante scritto di Terry Rauzino. Ve lo proponiamo con l’intento di contribuire ad assegnare il giusto valore a certe manifestazioni.
«Tempo fa RaiUno si è collegata con Rodi Garganico: una carrellata dal cuore dell’Oasi Agrumaria, alla riscoperta di profumi, sapori e cultura.
Un’attenzione che premia l’impegno di tutti coloro che stanno sostenendo fortemente, in collaborazione con Italia Nostra e il Parco Nazionale del Gargano, il recupero di questa storica realtà produttiva, curandone la promozione con convegni sull’agrumicoltura sostenibile e la creazione di originali percorsi turistici.
“A tavola con le arance”, slow food proposto per la prima volta in occasione della diretta televisiva, è un percorso dal gusto invitante, ricco del suadente profumo di zagare, e dei sapori freschi dell’arancia e del limone.
Se verrà riproposto, come raffinato menu, dai ristoratori non solo di Rodi, ma di tutta l’area protetta, meraviglierà il turista più disincantato, alla ricerca di proposte nuove, oltre la scontata offerta sole-mare-spiagge pulite.
Al pari dell’itinerario segreto “A passeggio tra gli agrumeti”, svela la vera identità del territorio rodiano, di cui i “giardini” sono un importante tassello.
Un percorso del gusto per rivivere, o far vivere per la prima volta, sensazioni antiche ormai dimenticate.
I nomi di Ciampa & Sons, De Felice, Ricucci, Ruggero, Del Giudice, Pacifico, Russo, Ognissanti, Gramigna, Carnevale, Giovannelli, oggi poco o niente ci dicono. Eppure, singolarmente o uniti nella “Società Agrumaria di Rodi”, erano “premiate ditte”, che partecipavano con successo alle fiere internazionali di Paris, London e New York già dalla fine dell’Ottocento.
Le suggestive, coloratissime locandine in inglese, con in primo piano procaci “bellezze al bagno”, raccolte oggi nel catalogo “Rodi for ever”, ne costituirono gli accattivanti “promo”.
I pubblicizzati limoni, arance e cedri, trasportati in Dalmazia e a Trieste da otto trabaccoli e da numerosi barconi, venivano smistati in Germania, Austria, Jugoslavia, Ungheria. Nel 1870 Isidoro Tomas aprì un canale commerciale transoceanico con gli Stati Uniti d’America. Col succo dei li¬moni i Tomas e i Coston fabbricavano a Rodi il rinomato estratto di “poncio”, molto richiesto in Germania. Gli oli essenziali erano ricercati dai profumieri per le loro fragranze.
Ma ricostruiamo ancora una volta la storia dell’Oasi. Si racconta che Melo da Bari, quando incontrò i Normanni nella Basilica dell’Arcangelo Michele a Monte, per invogliarli alla conqui¬sta della Puglia, donò loro i “pomi citrini” del Gargano.
Fino al 1500 il “melangolo”, un arancio amaro, era l’unica qualità di agrume coltivata in Europa. L’arancio dolce introdotto in Porto¬gallo nel 1520, fu impiantato sul Gargano alla fine del Seicen¬to. Nel Settecento i “giardini” fecero la fortuna di Rodi: un continuo traffico commerciale vide impegnati gli abitanti con i Veneziani e gli Schiavoni, che vi approdavano ogni giorno a caricare vini, arance, limoni.
La piccola oasi produttiva di circa mille ettari, per gli avanzati metodi colturali adottati, rappresentò un perfetto modello d’arbo¬ricoltura intensiva: secondo Serafino Gatti, era il tesoro dei paesi della costa. Nel 1848 vi si coltivavano diverse specie di agrumi: Francesco La Martora ne elenca nove. Tra le varietà di “Portogallo” ricorda l’Arancia acre e l’Arancia dolce; tra quelle di “Limone”, la Limoncella, il Limone dolce, il Bergamotto, la Lima di Spagna, il Barberino; tra quelle di “Cedro”, il Bulsino e il Belvedere.
I “giardini” producevano 100 milioni di frutti all’anno, circa 150mila quintali. Una vera e propria “divisione del lavoro” impegnava operai specializzati: dai raccoglitori ai ragazzini che, con “sporte” e “cuffine” trasportavano il prodotto al “muntone”, alle “scapatrici” che con i calibri (“ferritte”) separavano i frutti a seconda della pezzatura, alle “incartatrici” che, sulla filiera del “canalone”, prima di riporli nelle cassette di legno di faggio, avvolgevano gli agrumi in preziose veline, con i “logo” delle ditte. Una confezione accurata che meravigliò i Savoia per la bella immagine che conferiva al prodotto. Il ministro Ponzio Vaglia nel 1905 si complimentò con la premiata ditta Ricucci che aveva inviato in dono alla famiglia reale i suoi fragranti e profumati frutti.
Quale futuro per la moderna Oasi Agrumaria? Oggi si stanno rilanciando, con i “Presìdi”, i prodotti tipici, di cui le arance “durette”, le “bionde” e il limone “femminello” del Gargano, sono la punta di diamante. Le aziende Ricucci, Saggese, Damiani, Budrago al “Salone del gusto” di Torino hanno riproposto gli agrumi negli incarti tradizionali, registrando un successo che non ha sorpreso chi da anni apprezza la qualità organolettica del loro prodotto biologico.
Interesse ha riscosso anche l’accurata trasformazione, di cui Fausta Munno è un’originale interprete, con il delicatissimo liquore di zagare e l’ambrosia d’arancio.
Gli agrumi garganici sono presenti sul mercato, oltre che nei mesi invernali, nel periodo estivo in cui le altre varietà, nazionali e internazionali, mancano. E’ questa la carta vincente che potrebbe assicurare quote importanti di mercato e il giusto incentivo a chi deciderà di curare i “giardini”, quasi abbandonati, che occupano una superficie di 400 ettari.
Oggi, la rivalutazione delle produzioni agricole è legata alla tipicità e alla biodiversità. Il marchio IGP, importante traguardo per il “Consorzio di Tutela degli agrumi del Gargano”, ha contribuito a dare l’abbrivo al ripristino di una produttiva Oasi Agrumaria e al lancio di una qualificata occupazione giovanile nel settore.
La memoria degli “Splendori di un passato” non poteva essere perduta per la necessità di ritessere quel filo cosmopolita che nei secoli scorsi consentì alla popolazione di quest’area di portare per il mondo i suoi gustosi prodotti con originale fantasia promozionale e arditezza imprenditoriale!»

 Redazione

 

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