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02/05/2008

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ALCUNE CURIOSITA” SUI PELLEGRINAGGI MEDIEVALI

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Alcune curiosità sui pellegrinaggi medievali, riportate da Giuseppe Piemontese in "San Michele e il suo santuario. Via Sacra Langobardorum", sono impensabili per la mentalità di oggi, altre presenti ancora nella tradizione popolare. Il pellegrino si preparava al viaggio con pratiche devozionali di purificazione: si riappacificava coi nemici, pagava i creditori, faceva testamento, non dimenticando di elargire donazioni alla Chiesa per il bene dell'anima. Ma senza una sincera confessione, il viaggio poteva considerarsi del tutto inutile. Prima della partenza riceveva la benedizione per sé e l’abito che aveva deciso di indossare, rievocando quella del cavaliere per la prima crociata. L’abito, costituito dalla schiavina (cappa con cappuccio), che nel 13° secolo diventò autentica uniforme di riconoscimento, aveva indispensabili accessori: il bordone (nel caso di Montesantangelo un bastone crociato ornato con ciuffi di pino d’Aleppo), la bisaccia e un grande cappello a larghe tese. Bordone e bisaccia avevano una funzione pratica ma, come sottolinea Piemontese, erano oggetti altamente simbolici. La bisaccia alludeva a povertà e carità; il bastone, in quanto "terza gamba" del pellegrino e strumento di difesa contro serpi e lupi, rappresentava la lotta della Trinità contro il Male (lupi e serpi, appunto). Colpisce il fatto, documentato dal Sensi, che nel Medioevo recarsi al santuario di Monte era la massima aspirazione non dei garganici, ma degli Umbri, specie le classi popolari di Spoleto e Foligno. Scopo dichiarato il suffragio per le anime dei defunti: S.Michele intercedeva per loro.
Era usanza destinare nei testamenti somme di denaro per il pellegrinaggio. Doveva svolgersi, in nome del defunto, in uno dei santuari più famosi della cristianità. Per chi, vecchio e malato non poteva permettersi di affrontare il viaggio verso mete così lontane, era possibile mandarvi un sostituto: il cosiddetto "pellegrinaggio per procura". Le strade e le rotte marine si popolarono così di pellegrini professionisti e falsi pellegrini. Per evitare che venisse effettuato da persone disoneste e indegne che lo facevano solo per mestiere, il committente disponeva fra le clausole del testamento che dovessero essere persone di provata onestà o familiari stretti, per i quali diventò condizione imprescindibile per entrare in possesso dell’eredità.
Anche le donne si avventuravano in lunghi viaggi , spesso pericolosi. Il loro numero aumentò nel tardo Medioevo, suscitando i soliti commenti. Durante i periodi di affollamento ai maggiori santuari, le vittime di pestaggi e spintoni erano proprio loro, tanto che in vari santuari fu proibito l’ingresso alle donne incinte.
Tale fenomeno di religiosità popolare, che ha coinvolto nei secoli migliaia di pellegrini famosi e anonimi, si esprime, oggi come ieri, con le "compagnie" che numerose raggiungono anche le pendici del Monte Gargano. Il Tancredi nel 1938 le descrive così: "Nel mese di maggio la città sacra dell’Arcangelo assume un nuovo caratteristico aspetto (...) Chi vuol avere la sensazione della vera fede, venga quassù ed osservi le strade carrozzabili, gli impervi sentieri, le coste dei monti dove giovani e vecchi, uomini e donne con grossi involti sul capo, con le scarpe e le uose in mano, sgranando il rosario, salgono in lunghe file serpeggianti, oppure dispersi per le diverse scorciatoie come branchi di pecore pascenti, cantando interminabili litanie". Drammatica la cronaca dell’arrivo dei pellegrini raccontata da Saverio La Sorsa ('30): "Quando sono giunti dinanzi alle belle porte di bronzo della Basilica, s’inginocchiano, ne battono gli anelli, come invasati dalla follia, ne baciano le immagini, e perpetuando i riti dei secoli di maggiore fanatismo, traversano la sacra spelonca, strisciando a sangue la lingua per terra fino all’altare." = TERRY RAUZINO

 Redazione

 

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