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27/08/2009

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TITTI TAZRAR: UN DONO DEL MARE

Clicca per Ingrandire Se l’Egitto è un dono del Nilo, come tutti abbiamo imparato a leggere da ragazzi sui nostri sussidiari, Titti Tazrar è un dono del Mediterraneo. Unica donna di cinque sopravvissuti eritrei, a una delle tante tragedie di mare, che questa volta ha visto soccombere 73 compagni di viaggio, forse non ce l’avrebbe fatta senza la sua fede nel sogno chiamato Italia. Una storia vecchia come il mondo, che continuerà ad animare le speranze degli spiriti intraprendenti d’ogni angolo della Terra. Checché paure, egoismi e razzismi possano tentare di erigere coi mattoni dell’odio, dello sfruttamento o di codici normativi destinati, prima o poi, a sgretolarsi, perché costruiti sulla sabbia dell’insulsaggine.

Mio nonno sognava “L’America” e, come per lui, quel sogno fu a lungo la ragione di vita di tanti disperati di questo mondo. Titti Tazrar, come loro, sognava l’Italia. Vi ci si è svegliata dopo che una mano l’ha preservata da un incubo durato venti giorni, sottratta alle spire mortali di moderne sirene degli abissi e regalataci come una stella marina, trovata un mattino tra la sabbia di una spiaggia resa più grande dal provvidenziale ritrarsi del mare. Quanto sale c’è voluto per inaridire i nostri cuori e ritenerla colpevole di essere “sopravissuta”? Quanto altro sale ci vorrà per ripulire i nostri sentimenti dalla ruggine di una smarrita attitudine all’accoglienza e dalle incrostazioni di un’inceppata pratica della solidarietà?

Mio nonno è sepolto in America. Titti Tazrar, dimostrando l’italico spirito di uno sconosciuto Vittorio Alfieri (volli, e volli sempre, e fortissimamente volli), la sua nuova patria l’aveva scelta da un pezzo. Oggi l’ha finalmente toccata e abbracciata. Dovremmo fare festa, uccidere il vitello grasso e aggiungere un posto a tavola. E non stupirci se non intendesse allentare la presa. Forse tutto in un colpo è troppo. Qualche disorientamento potrebbe essere avvertito lungo le anse dell’Oltrepò. Ma almeno le Frecce Tricolori potremmo usarle. E usarle a proposito. Fare festa per il dono ricevuto dal mare. Colorare il cielo con le scie della patria cercata da Titti e dai suoi compagni sopravvissuti e non. Magari nel cielo di Gheddafi, per ringraziare anche lui (una scia verde). Dopotutto proprio dalle sponde libiche nasceva l’onda che l’ha accompagnato fino a noi.

Antonio V. Gelormini

 Redazione

 

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