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01/07/2009

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LA SCELTA

Clicca per Ingrandire I tuoi occhi mi fissano.

Sei lì, senza parole.

Il silenzio, spesso accade, pieno di significati. Anzi: di “significato”. Uno solo, che nella circostanza ha assunto l’impenetrabile corazza della risposta a una domanda mai formulata. Mi diventa impossibile reggere l'assenza di contenuto, l'assenza di una condivisione. Non rimane che abbassare lo sguardo. Scelgo… Ho scelto. Con questo semplice gesto, ho scelto. Non c'è niente di cui parlare, lo so. Cerco il numero di telefono. Velocemente digito le dieci cifre e l'appuntamento è fissato.

Sono lì, senza parole.

Il corridoio largo e illuminato a giorno. Il penetrante profumo di disinfettanti per le pulizie sgradevole, eccessivo. Le sedie disposte contro la parete, tutte uguali, occupate. Tutte donne sedute, gli occhi persi nel vuoto o contro un punto che ciascuna ha scelto per sé, un punto di non ritorno che resta fermo, immobile, sospeso ancora per poco nel tempo e nello spazio.

Inevitabilmente ci si guarda negli occhi, distrattamente, senza invadenza, quasi un tenersi per mano. In silenzio. E anche il silenzio è denso di significato, rafforzato da una sorta di solidarietà, di compartecipazione… Di complicità. Nell'elenco ci siamo tutte. Una ad una seguiamo l'appello, poi l'infermiera, scocciata, che ci preleva e accompagna in una stanza.

E’ il mio turno. Indosso, su richiesta drastica seppure distaccata, un camice. Verde. Non il verde della speranza. Speranza, agonizzante da tempo, che muore definitivamente appena supero la soglia di un'altra stanza. Pure questa ben illuminata, ma di luce diversa. Due medici, anche loro in verde, parlano di fatti personali. Con indolenza, indifferenti, mi rivolgono alcune parole, le stesse per tutte, inutili, uguali, di routine. Le ultime che ascolti.

Più tardi, sveglia nella camera dove ti sei svestita, la mano corre d'istinto al ventre. Il cuore batte talmente forte che la cassa toracica stenta a contenerlo. L'anima invece è irrimediabilmente ferita, lacerata. Una ferita senza possibilità di essere curata, che non riuscirà a rimarginarsi. Nella testa, l'eco dei pensieri che fuggono rincorrendosi diventa una nebulosa che ti stordisce.

Mi arrendo!

Mi arrendo allo sfinimento fisico e cedo (non ho ancora realizzato se con o senza rassegnazione), alle responsabilità di una scelta fatta nel nome di una vita che non ci sarà.

Scerbanenka

 Redazione (foto www.scinico.org)

 

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