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22/04/2009

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FRA LE PIEGHE DEGLI “SCAPOLARI”

Clicca per Ingrandire Confraternite, compagnie, congregazioni, talvolta "scuole". Sodalizi che condividevano la devozione a un santo protettore, a un aspetto del culto mariano, a un'immagine ritenuta miracolosa o a un mistero della vita di Cristo. Che davano vita a forme di solidarietà spontanea - quali la carità, la fratellanza e l'assistenza tra confratelli e verso i confratelli bisognosi - e ad azioni di beneficio spirituale - come la preghiera per le anime dei confratelli defunti, la drammatizzazione delle processioni, l'ottenimento delle indulgenze, - ma anche a forme di assistenza ai bisognosi in genere (se il bilancio lo permetteva).

Erano insediati presso le chiese parrocchiali o quelle degli ordini religiosi. Presso oratori appositi, o anche presso le croci stazionali, presenti in gran numero, negli slarghi e ai maggiori incroci di strade. Usi a praticare l'ideale evangelico dell'aiuto al miserabile, in quanto figura di Cristo, erano numerose le confraternite che, già in epoca medievale, gestivano ospedali. E nei secoli successivi non poche si dedicarono alla conduzione dei Monti di pietà, dei ricoveri per gli orfani, i mendicanti, le donne sole e le prostitute in difficoltà. O che assistevano gli ammalati, i carcerati, i condannati a morte, e provvedevano al riscatto dei cristiani finiti nelle mani degli "infedeli".

La Mostra a cura del Distretto Culturale “Daunia Vetus”, allestita nel Museo del Castello di Bovino, sotto l’egida delle Diocesi di Lucera-Troia e di Foggia-Bovino, mira a tenere viva l’attenzione su un patrimonio di identità e di tradizioni ultrasecolari delle comunità di questi ambiti territoriali. Nonché gli intenti correlati per un’incisiva azione di catechesi, attraverso il filtro della pastorale e dei diversi simboli che l’accompagnano. Tra cui l’abito confraternale, nelle sue più tipiche declinazioni, rappresenta l’espressione più immediata e più evidente delle attitudini più intrinseche di ciascuna confraternita.

Si dice che “non basta la cappa per fare la Confraternita, ma una Confraternita senza ‘abito’ non può dire di essere rivestita di qualcosa, sia in senso lato e sia in modo specifico per il valore e il ruolo dell'abito confraternale”. Ecco pertanto che assumono funzione metaforica, e anche teologica, lo “scapolare” (lo "stolone" che poggia sulle spalle e pende su petto e schiena, simbolo che si é rivestiti di Cristo e sottomessi a Lui). La “corona” del Rosario o quella dell'Addolorata. La “cintura di cuoio” (anziché il ‘cingolo di corda’) dell'Ordine Agostiniano. Il “bastone” del pellegrino e lo “stemma” (o più precisamente il ‘signum’, ossia il sigillo) di un Ordine religioso.

O ancora il suggestivo “cappuccio”, segno di umiltà e di nascondimento. Quando questo è calato sul volto non permette di essere riconosciuti. Custodisce l'anonimato delle buone opere (perché nessuno sappia chi ringraziare per il bene ricevuto), e annulla la differenza di classe sociale (accomunando il ricco col povero, l'istruito col meno colto). Per ammonire con severità i confratelli: “Guardatevi dal fare le vostre opere buone per essere visti dagli uomini, il Padre vostro che vede nel segreto vi ricompenserà”.

Dall’eremita perugino di Borgo San Sepolcro, Ranieri Fasani, e dai suoi penitenti itineranti che si battevano con la “disciplina”, un mazzo di cinque cordicelle (in ricordo delle piaghe di Cristo) munite di nodi o palline di legno, l’album della storia delle Confraternite è zeppo di risposte all’incessante bisogno di pace, misericordia e riconciliazione. Col passare degli anni l’approccio penitente ha lasciato lentamente il campo alla ritualità della liturgia, se non alla rivisitazione nostalgica in chiave folkloristica. L’impressione è che la rappresentazione possa aver preso il sopravvento sull’espiazione e sulla mortificazione.

Appuntamenti come questo al Museo del Castello di Bovino, che si protrarrà dal 24 aprile al 31 agosto, provano a riportare forte attenzione su quei frammenti di autenticità, custoditi ancora nelle pieghe dei ricordi e nei solchi ripetuti di una tradizione affascinante. Riuscire a coltivare questi semi, per rispondere in forma più moderna all’eterno bisogno di spiritualità, di pace e di misericordia, nonché di cultura, di mutualità e di progetti per il futuro, è la sfida che “Daunia Vetus” e ciascuna persona che anima il Distretto ha deciso di affrontare. Il cammino è lungo, ma tempo per crescere ce ne sarà per tutti.

Antonio V. Gelormini

ORARI = martedì - giovedì – sabato ore 16 – 19 = domenica e festivi ore 10 - 12.30 / 15.30 - 19
Info: tel. 0881.912015 - 328.8427433 (Francesco Gesualdi) - www.museodiocesanobovino.it - www.dauniavetus.it

 Redazione

 

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