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03/03/2009

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LA SPADA DI DARIO

Clicca per Ingrandire Anche ai Dodici (apostoli, foto del titolo; ndr), dopo mesi di predicazione all’insegna della tolleranza e dopo il prezioso arrivo dell’illuminato dono della Pentecoste, fu assicurato il sostegno monitorio della spada di Paolo di Tarso. Una spada affidata a occhi votati a guardare fin troppo lontano, ma comunque capace di dare un taglio innovativo all’avventura di un gruppo di discepoli, alquanto intimoriti dal compito ricevuto, destinati a formare una nuova grande comunità di fedeli.

Ho conosciuto Dario Franceschini in un momento delicato del percorso di evoluzione del progetto politico dell’Ulivo verso la costruzione del Partito Democratico. A Bruxelles, qualche anno fa, durante una Summer School, organizzata al Parlamento europeo da Lapo Pistelli, Nicola Zingaretti e gli europarlamentari dell’Ulivo, quando le accelerazioni verso il partito nuovo erano tenute a freno e il timore di confrontarsi con gli incontenibili entusiasmi, nonché con le speranze di oltre 350 giovani ulivisti, venivano prudentemente evitate da leader come l’allora segretario Piero Fassino. Per non urtare le suscettibilità di altri protagonisti di primo piano sia Ds che Margherita.

Col coraggio e la determinazione oggi nota ai più, Dario onorò l’appuntamento. Affrontò l’arena e convogliò il flusso di quelle energie sul sentiero dell’impegno nei territori di ciascuno. Prospettando la necessità di un coinvolgimento più largo possibile. Per meglio gestire la consapevolezza graduale dell’ineludibile processo di incontro, di avversari che scelgono di allearsi, per poi confondersi, sposarsi e rinforzarsi. E che, per questo, hanno bisogno del tempo adeguato a coltivare il dono della rinuncia.

A guardarlo, durante la sua relazione da neo-segretario del Pd, si direbbe che una buona dose di quella irrequietezza giovanile gli è rimasta ancora attaccata (simbolo, podio, microfoni e appunti ne hanno fatto le spese). Anche se l’essere cresciuto nella scaligera Ferrara ha contribuito non poco a forgiarlo al culto della gradualità e del più rigoroso rispetto delle gerarchie.

Marcatamente degasperiano il suo richiamo convinto ai valori della laicità dello Stato e alla difesa incessante delle personali convinzioni. Autorevole la sottolineatura sul Partito Democratico figlio del progetto politico dell’Ulivo. Ammirevole l’omaggio e il riferimento al padre, sintesi di tutti i padri di un percorso di crescita personale e dell’intero partito, a cui ha chiesto il regalo più bello e più onorevole che un futuro statista possa desiderare. Fargli da testimone “con la sua copia ingiallita della Costituzione”, per un giuramento che nessun segretario prima d’ora aveva mai sentito di dover fare.

Che la forza sia con lui. La prova da affrontare è delle più terribili. Ma non sarebbe la prima volta che un Dario, alla testa di un esercito rimotivato, al comando di uno sparuto gruppo di fedeli generali, riesca a spuntarla. Ristabilendo serenità su tutto l’impero e riaccendendo speranze sul futuro di ognuno.

Antonio V. Gelormini

 Redazione

 

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