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11/01/2009

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I “PATRIARCHI” DELLA FLORA

Clicca per Ingrandire Il Corpo Forestale dello Stato ha pubblicato il censimento degli alberi monumentali d’Italia nel quale il Comune di Vico del Gargano (foto del titolo, il carrubo nella Valle delle Noci; ndr) è presente con tre esemplari: in località Convento dei Cappuccini, col maestoso leccio (Quercus ilex) di 5,05 metri di circonferenza e un’altezza di 17 metri; in località San Michele, con un ginepro coccolone (Juniperus macrocarpa) alto 7 metri e una circonferenza di 1,5 metri; in località Tiglione, con un Tiglio nostrale (Tilia platyphyllos) alto 20 metri e una circonferenza di 4,85 metri. Restano fuori dal censimento numerosi e antichi alberi di ulivo. A soddisfare questa curiosità abbiamo chiamato il prof. Nello Biscotti, botanico.

DOMANDA - Professore vogliamo chiarire prima di tutto cosa dobbiamo intendere per “albero monumentale?
RISPOSTA - Nel linguaggio più tecnico vengono definiti “patriarchi”, un concetto che sa di antico, vecchio, antenato. Dunque, un patriarca vegetale si caratterizza innanzitutto per la sua età: alberi ultrasecolari che possono raccontare tempi passati, paesaggi vegetali perduti (nel Gargano abbiamo diversi tassi che probabilmente hanno circa 500 anni). Altri elementi caratterizzanti sono sicuramente il portamento, generalmente imponente, maestoso, insomma “colonne del cielo” (albero cosmico) e, per ultimo, il loro stato di diffusione che è normalmente “raro”. Ebbene le caratteristiche evidenziate sono tipiche di alcune specie: longeve sono diverse specie di querce come la rovere (Quercus petreae), la roverella (Quercus pubescens), il fragno (Quercus trojana), tipica specie pugliese, o lo stesso cerro (Quercus cerris; foto 1 sotto). Già più raro il leccio (Quercus ilex), per cui il leccio del Convento dei Cappuccini di Vico del Gargano è sicuramente particolare proprio per la sua rarità. La segnalazione non è un novità comunque, poiché noto da tempo alla comunità scientifica (Fiori, 1893). Parliamo in fondo di monumenti questa volta della Natura, quindi con un valore simbolico, culturale o religioso come l’olmo della Basilica di San Michele a Monte S. Angelo, che troviamo nell’elenco, in realtà morto da tempo, ma ancora in piedi, intatto, il suo scheletro.

D. - Nell’elenco, però, non si trovano solo querce.
R. - Certamente le specie di querce prevalgono, e non poteva essere diversamente visto che le querce sono gli alberi tipici del paesaggio vegetale italico (in particolare della nostra Puglia). A dire il vero le testimonianze di patriarchi di querce sono pure poche: è l’albero che più di tutti ha pagato il prezzo della scure (legname, disboscamenti per creare coltivi). Interessante invece trovare specie come il tiglio (Tilia plathypyllos) anche questa particolarmente longeva, che non forma boschi nel senso pieno del termine ma piccole formazioni in ambienti particolari, spesso impervi, difficili da raggiungere come valloni e forre; molti esemplari sono scampati alla scure. Altre specie longeve sono anche i ginepri, come il ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus spp. macrocarpa).

D. - Quale valore ha un censimento del genere?
R. - Il valore è quello di un censimento, catalogazione (tra l’altro anche georeferenziata) di una componente suggestiva del nostro patrimonio naturalistico rappresentato da grandi e vecchi alberi. Dal censimento emergono dati di valore anche culturale, nel senso che, su 12 miliardi di alberi che ricoprono l’Italia, ne spiccano 22 mila: 2 mila sono esemplari di grande interesse e fra essi 150 hanno un eccezionale valore storico e monumentale. Quello degli alberi monumentali è sicuramente un capitolo interessante, un aspetto culturale e nello stesso tempo scientifico di quella che stiamo imparando a conoscere come “biodiversità’", un suggestivo percorso, anche di ricerca, per interpretarla.

D. - Vico del Gargano è citato solo tre volte. Com’è possibile questo, se consideriamo il grande patrimonio rurale e boschivo del nostro territorio?
R. - Ritrovarci con tre segnalazioni non è poco, visto che parliamo di alberi con caratteristiche particolari. Certamente ne potremmo avere di più, ma è il risultato di un censimento a grande scala (nazionale), spesso frutto di segnalazioni, e non di lavori sistematici, poche volte verificate in campo. Strano e inaspettato ad esempio, trovarci nelle tre segnalazioni di Vico un ginepro in località San Michele. Il ginepro coccolone è tipico dei cordoni dunali, come quelli di Lesina o Varano: qui, infatti, si possono osservare, quando non distrutti dal fuoco, veri patriarchi della specie. Nel censimento, infatti, si segnalano giustamente un esemplare nella duna di Lesina (loc. Acquarotta). Non mi è infine noto il toponimo (Tiglione) per la segnalazione del tiglio. Conosco invece grandissimi tigli nella faggeta di Valle d’Umbra o nella cerreta col toponimo “Masseria di Maratea”. Comunque il Gargano è ben rappresentato: 8 segnalazioni non è poca cosa. Troviamo il faggio, l’acero, il tasso. Mi sarei aspettato l’acero campestre (foto 2): esemplari maestosi si trovano spesso su creste di doline forestate che hanno sorpreso più volte la comunità scientifica.

D. - Quindi si tratta di lavori che andrebbero fatti più a scala “locale”?
R. - Sono anni che chi vi parla spende le sue energie a “percorrere” il Gargano, eppure ancora oggi scopro cose nuove tra le quali grandi alberi o patriarchi, specialmente cerri, aceri campestri, tigli, scovati spesso in forre irraggiungibili. E poi esemplari, sicuramente secolari, di lentisco (Pistacia lentiscus), qualcuno gigante della specie (area degli agrumeti di Vico e Rodi) o di edera (Hedera helix), qualcuno con tronchi di 40-50 cm di diametro o agrifogli (Ilex aquifolium). Parliamo del Gargano, uno scrigno tutto da scoprire. Avrebbe molto più senso fare un censimento dei patriarchi del Parco del Gargano, un lavoro non facile che richiede camminamenti e rilievi notevoli, ma che va fatto. Così si sta procedendo in molte realtà italiane. Solo così, raccogliendo tutti i lavori a scala locale, si possono avere dati più concreti e utili. Dal Gargano verrebbero sicuramente numerose segnalazioni e di specie diverse: faggi, tassi, tigli, aceri campestri, castagni, pini d’Aleppo. In questi ultimi cinque anni abbiamo esplorato abbastanza la vegetazione garganica, per cui alcuni dati da cui partire sono già disponibili (Gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Edoardo Biondi, Università di Ancona).

D. - Solo ai boschi sono legati gli alberi monumentali?
R. – No, c’è anche l’olivo ad esempio e anche qui il Gargano, coi suoi storici e suggestivi ulivi di Vieste (contrada Matine), Vico (contrada Calinella), Cagnano, Mattinata, potrebbe raccontarci molto. Ma nell’elenco una sola segnalazione, a me non nota, di un olivo (in parentesi indicano quello da frutto) a Torre Mileto (Sannicandro) che si caratterizza invece per i suoi grandi e secolari olivastri (Olea europea var. sylvestris). Inspiegabile inoltre il dato per la Puglia, ricchissima tra l’altro di ulivi secolari (entroterra barese, Salento) che si connota con solo due segnalazioni di ulivi monumentali.

D. - Le politiche messe in campo, in agricoltura e in ambiente, sono idonee a mantenere e consolidare questo patrimonio?
R. - Purtroppo no! Il censimento dei Forestali è sicuramente encomiabile, però manca una legge quadro in materia: non esiste una normativa di salvaguardia, ma solo principi di carattere generale. E poi non basta una legge per proteggere il singolo albero, poiché molti di essi si salvano tutelando il contesto (o l’habitat di cui fanno parte). Di recente la comunità scientifica parla di “boschi vetusti”, cioè di boschi o boschetti vecchi, antichi, di elevata naturalità (minima o assente influenza antropica) che sono una vera rarità, contenitori anche di alberi monumentali. La Società Botanica Italiana, in accordo col Ministero dell’Ambiente, sta lavorando al censimento di questi boschi nelle aree Parco e il nostro gruppo di ricerca è stato incaricato di redigere un primo elenco di quello garganico. Anche in questo caso il nostro patrimonio boschivo ha molto da dire. In questa prima lista vi sono i boschi di forra con tiglio, una delle specie più longeve dell’Italia.

D. - Abbiamo istituito il Parco Nazionale del Gargano, ciò significa che l’interesse nazionale deve guardare verso il Gargano?
R. - Dovrebbe guardare verso i Parchi che sono grandi contenitori di biodiversità, naturalità (il Parco del Gargano è sicuramente un contenitore eccezionale), parchi come laboratori dove sperimentare sviluppi i cui parametri di riferimento non siano più PIL e simili. Non vedo particolari attenzioni degli “interessi nazionali” verso i parchi e quello del Gargano in particolare. Anzi! E’ indubbio, comunque, che l’istituzione del Parco ha fatto bene al Gargano, e penso alle sensibilità e alle ricche esperienze (educazione ambientale) maturate nelle nostre scuole, penso alle dinamiche innescate sul fronte dei prodotti tipici, del nostro patrimonio culturale.

Michele Angelicchio

 Redazione

 

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