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19/12/2008

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ATMOSFERE NATALIZIE

Clicca per Ingrandire Atmosfere natalizie: un tempo più suggestive di oggi. Le prime note del Natale, in alcune città, si avvertivano fin dal 6 dicembre, S. Nicola, e nelle varie chiese l'organo suonava per la prima volta la “Pasto¬rella” o la “Ninna Nanna”. I primi giorni di dicembre, a Montesantangelo, come nei più sperduti centri del Gargano, l’avvenimento più importante era costituito dall’arrivo dei pifferai con zampogna e ciaramella.

Giungevano da Abruzzo e Lucania in gruppi di 2 o 3, avvolti nei tipici e inseparabili 'ferraioli', mantelli a ruota di lana blu, con due o tre pellegrine (corte mantelle) una sull'altra, cappelli a cono con fettucce attorcigliate, corpetto di vello di capra, 'robone' bruno (ampia veste di drappo pesante aperta sul davanti), camicia sbottonata su colli taurini, calzoni di velluto marrone o verde abbottonati sotto il ginocchio, calze di lana grossa lavorate a mano e cioce attorno ai polpacci.

I due “mistici” pastori, uno anziano, l'altro molto più giovane, seguiti da gruppi di ragazzini festanti, suonavano le “allegre novene” dinanzi a ogni porta della città, alle botteghe, agli angoli delle vie, sulla soglia delle case, dove le famiglie erano raccolte attorno al focolare. Il più vecchio, capelli bianchi e barba incolta, suonava la classica zampogna di legno di olivo a tre pive, stringendo l'ampio otre gonfiato fra il braccio destro e il corpo. Il ragazzo imbottava il piffero esile e snello fatto di olivo per metà e di ceraso per l'altra metà con la pivetta di canna marina. Dopo la suonata di ringraziamento, facevano una “scappellata” salutando il capofamiglia con un “addio, sor padrò” e la tacita intesa di rivedersi l’anno successivo.

La notte di Natale si recavano nella Grotta dell'Arcangelo, si toglievano per innato senso di devozione il cappello, se lo mettevano sotto il braccio e suonavano la Pastorella, sulle note della bellissima pastorale di Bach. Questa semplice melodia commuoveva profondamente vecchi e giovani. Toccava soprattutto la sensibilità e “ogni fibra” delle popolane “brune e fiorenti”. Cara tradizione, quella degli zampognari, ormai trapassata, che si rimpiange maggiormente col passare degli anni. Ora i bambini non hanno più la gioia di correre presso i ciaramellari e di circondarli di simpatia e di festa.

Tuttavia, nell'aria gelida, stemperata dal calore degli ampi e neri camini, si sente che qualche cosa sta nascendo: rinascono la fede, la speranza. “Il popolo garganico - sottolinea Giovanni Tancredi in ‘Folklore garganico’ (1938) che ci ha aiutato in queste note - ha un vero culto per il focolare domestico. Esso rappresenta un'idea di riposo, di pace dopo il lavoro, ed è simbolo della comu¬nione di vita e di affetti tra le persone che si amano. Anticamente, e la tradizione si conserva ancora oggi in molte case, ogni notte si soleva serbare acceso un tizzone sotto la cenere, per accen¬dere il fuoco la mattina seguente. Nella notte di Natale, però, nelle ampie e patriarcali cucine garganiche, la fiamma del ceppo non deve ardere soltanto sotto la cenere, ma deve brillare sempre gaia e scoppiettante”.

Ecco perché, per questa occasione, vengono riservati i tronchi d'albero più grossi e pesanti, in grado di illuminare la casa per tutta la notte. Il ceppo simboleggia l'albero causa del peccato originale di Adamo ed Eva, spiega Saverio La Sorsa nel suo “Usi, costumi e feste del popolo pugliese” (1930). Solo consumandosi la notte di Natale avrebbe annullato la colpa, in quanto proprio in quella notte Gesù scende in mezzo agli uomini, per la nostra salvezza.

Specialmente nelle case di campagna, il fuoco veniva acceso con un rituale quasi religioso. Doveva ardere lentamente per tutta la notte e restare acceso fino al giorno del battesimo di Gesù, cioè sino all'Epifania. Avrebbe così allontanato ogni disgrazia dalla famiglia. Quindi, la cenere prodotta dal ceppo veniva sparsa nei campi, per propiziare raccolti abbondanti.

Teresa Maria Rauzino

 "new PUNTO DI STELLA" - dicembre 2008

 

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