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01/02/2008

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Figure egemoni del nostro Novecento.

Clicca per Ingrandire “Figure egemoni del novecento” - Del Giudice, Maratea, Soccio - T.M. Rauzino, G. Talamo, C. Siani Schena Ed., "Ori del Gargano".
Il libro, presentato i primi giorni di gennaio a Vieste, esalta 3 esempi intramontabili (attualità senza tempo) di Uomini cristallini per onestà culturale e mentale. In particolare Mauro Del Giudice, magistrato. Figura di gran spessore trattata in modo chiaro e preciso dalla nostra collaboratrice, Teresa Maria Rauzino, che ne sottolinea i vari momenti della vita facendone trasparire, con freschezza e diligenza, cultura e carattere, valori e ideali. Forse sconosciuto ai più giovani (o forse no, se si pensa che Del Giudice - affidatario col collega Umberto Gugliemo del processo per il delitto di Giacomo Matteotti, esonerato poi dall'occuparsene, reo per il regime di non aver allentato l'intransigenza nelle indagini - è stata magistralmente impersonata da Vittorio De Sica nel film di Florestano Vancini, “Il delitto Matteotti”.
Mauro Del Giudice nasce a Rodi G.co il 20 maggio 1857. Se ne allontana, dopo la laurea, per seguire la carriera di magistrato, tornandovi dopo il pensionamento ma per stabilirsi a Vieste. Come definirlo? Così come traspare dallo scritto della Rauzino e come lo definivano le persone del suo tempo: “la dignità fatta persona”, l’uomo senza macchia e senza paura che non si piega al volere del regime. Per meglio sottolinearne i valori, propri di una figura senza tempo, basta una sua affermazione, detta conversando con l'arciprete Ruggieri di Vieste, alla notizia che Mussolini, dubbioso sulla nostra preparazione militare inidonea a partecipare e affrontare una guerra mondiale (la seconda, del 1939), ha deciso la non belligeranza dell'Italia: «Questa è la prima cosa buona che fa!».
Durante il Ventennio si dichiara fermo sostenitore dell'indipendenza della magistratura. Convinto delle colpe del regime, dimostra un’integerrima tenacia non lasciandosi corrompere, resistendo a pressioni esterne e conducendo il famoso processo con coraggio e una condotta intransigente che gli costa la rimozione dall'incarico (pare su diretto interessamento del duce) mediante l'escamotage di una promozione che lo costringe a lasciare l'ufficio della capitale destinazione Catania. In seguito a pensione forzata, si stabilisce a Vieste, dal fratello Luigi. Caduto nel '43 il fascismo, non si lascia andare a pubbliche espressioni di esultanza. Resta l'uomo discreto e composto quale è sempre stato. Chiudiamo questo omaggio alla grande figura dell'uomo di legge garganico con una frase della sua orazione funebre in memoria del dr. Filippo Medina: «Le sciagure e le sofferenze fisiche e morali colpiscono indifferentemente il giusto e il peccatore, colui che generosamente dà opera assidua a sollevare e lenire le miserie dei propri simili, e chi trascorre la sua vita nell'empietà e nella ingiustizia. E, ciò che è spettacolo ancora più dolorante, le sventure piombano di preferenza sui buoni e risparmiano i tristi». Per noi il suo nome era solo un insieme di suoni cui non associavamo un volto né un’anima, poi, grazie al certosino ricercare tra le pieghe della nostra storia lontana e vicina della Rauzino, per incanto il magistrato si è materializzato scatenandoci ancora più forte l’orgoglio d'essere figli di questa terra garganica che ha dato i natali a uomini così integerrimi e tanto preziosi.
gabriele draicchio

 "punto di stella" FEBBRAIO 2008

 

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