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01/01/2008

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Da una Kabul pre-invasione alla Kabul dei talebani

Clicca per Ingrandire Un’americanata, come in molti lo hanno definito? No! Il giudizio forse scaturisce da chi s'è fermato alla lettura delle prime pagine. Invece il libro che vi proponiamo va letto fino in fondo per captare l’amore che lega Hassan ad Amir e scoprire il vero significato della storia, anche se “Il cacciatore di aquiloni” non pretende di passare per un lavoro storico. La vicenda.
Amir trascorre, prima dell’invasione russa, un'infanzia felice in una Kabul idilliaca, dove convivono in serena incoscienza la modernità d'un padre laico e intellettuale, che beve e fuma senza mettere mai piede in moschea, una madre docente universitaria e il rapporto semifeudale con i servi di casa. La famiglia di Amir è di etnia pashtun, dominante, mentre i servi sono hazara, etnia inferiore e disprezzata, ma si vogliono un bene dell’anima. Amir va a scuola e gioca col piccolo Hassan che a scuola non ci va dedicandosi a servirlo dall’alba al tramonto.
Ma il benevolo padroncino gli racconta le storie dei libri che lui, analfabeta, non potrà mai decifrare. In una gara in cui si deve abbattere l'aquilone dell'avversario, Hassan sconfigge un perfido ragazzo che per vendetta lo violenta sotto gli occhi di Amir, il quale non alza un dito per difenderlo portandosi il senso di colpa e il rimorso per tutta la vita.
Hassan e suo padre, disonorati da una falsa accusa di Amir, vanno via. L’arrivo dei russi precipita la situazione e costringe la borghesia afgana a mettersi in salvo. Amir fugge col padre e aiutati dalla fortuna sbarcano negli Usa dove si rifanno una vita svolgendo lavori modesti in una comunità di compatrioti. Molti anni dopo Amir, sposato senza prole, sa che Hassan è morto per difendere la casa degli antichi padroni lasciando un figlio in orfanotrofio e parte per Kabul alla ricerca del bimbo, che ha fatto una fine orribile: un talebano pedofilo, nientemeno che lo stesso violentatore di suo padre, l’ha rapito per farne giocattolo sessuale. In un crescendo grottesco Amir, pestato a sangue, libera il piccolo e torna nella terra della democrazia.
Una vicenda personale, una storia bellissima, intensa. Amir certo non è un supereroe e nemmeno simpatico, a differenza di Hassan, creatura meravigliosa e indimenticabile. Ma nella sua fastidiosa vigliaccheria c’è molto di noi stessi. Un concentrato di delicate emozioni per lettori sensibili, fluido, immanente, ricco di immagini vivide che raccontano un paese diverso da quello noto a tutti noi, dove i bambini non conoscevano l’umiliazione della guerra e potevano sognare di rincorrere gli aquiloni, dove si aveva ancora tempo per essere piccoli, forse sbagliando, ma sentendosi le radici forti, in una terra viva e generosa. Un libro colmo di fascino e mistero capace di suscitare emozioni di quelle che, come scriveva Pablo Neruda, ”fanno di uno sbadiglio un sorriso e piangere dinanzi all'errore e al sentimento”... che fanno riflettere su quanto siamo fortunati!
gabriele draicchio

 "punto di stella" GENNAIO 2008

 

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